Sebbene l’abitudine di sprecare i soldi dei contribuenti
non sia una caratteristica esclusiva del governo indiano (purtroppo anche
l’Italia è tristemente famosa per questo motivo), in India tale pratica risulta
ancora più spiacevole viste le misere condizioni in cui ancora vivono milioni
di indiani.
Pur essendoci quindi problemi ben più grandi da risolvere,
da molti anni, precisamente dall’ormai lontano 1947, anno dell’indipendenza
indiana, i vari governi che si sono succeduti alla guida del paese stanno
sprecando alcune delle già non abbondanti risorse nel cosiddetto processo di
ridenominazione delle città.
Il motivo principale era quello di tornare ai nomi
precedenti l’occupazione inglese, in parte per un futile patriottismo, ma in alcuni
casi, abbastanza rari a dir la verità, anche per renderli più facilmente
pronunciabili nelle lingue locali.
Ad esempio, nel 2001, Calcutta è tornata a chiamarsi
Kolkata, indubbiamente più agile da pronunciare nella lingua bengalese parlata
dai suoi abitanti.
Purtroppo però non è stato seguito alcun sistema preciso o
vagamente organizzato, ma la questione della ridenominazione venne lasciata
alla scelta indipendente dei singoli governi locali, che propongono i vari
cambiamenti al governo centrale, rendendo l’operazione lunga e macchinosa,
tanto che infatti non è stata ancora completata.
Solo recentemente, nel 2014, il cambiamento del nome di
circa una dozzina di città del sud è stato intelligentemente approvato in
un’unica mozione, invece di tante separate.
Un altro motivo di questa apparentemente inutile
ridenominazione è dovuta al non semplice problema della traslitterazione dei
caratteri devanagari in quelli dell’alfabeto latino.
In questo caso il governo indiano non è responsabile visto
che i linguisti stessi non hanno ancora trovato una soluzione ottimale ed
alcune ridenominazioni sono state causate dall’evoluzione dei sistemi di
trasposizione dei grafemi: per esempio, l’attuale Shimla è una correzione del
precedente e linguisticamente inesatto Simla.
Il problema della traslitterazione è evidente anche nel
nome di altre città, seppur per fortuna al momento non stia creando questioni
di ridenominazione, in particolare Delhi ed Allahabad.
Stando agli originali caratteri devanagari, la dicitura
corretta dovrebbe essere ripettivamente: Dilli, con l’accento sulla seconda i,
quindi tronca; ed Illahabad, visto che chiaramente la prima lettera in
devanagari è una i e non una a.
Causa di questa discrepanza è chiaramente l’imprecisione dei vecchi sistemi
di traslitterazione.
Altro particolare di Delhi, la capitale dell’India viene
considerata New Delhi, costruita dagli inglesi a sud di Old Delhi, ma ormai
facente parte di un unico agglomerato urbano (di cui New Delhi e Old Delhi sono
quartieri) chiamato ufficialmente Territorio Nazionale della Capitale di Delhi.
Tornando alla ridenominazione, bisogna notare che i nomi
nuovi non si sono diffusi tutti allo stesso modo: alcuni sono stati subito
adottati sia dalla popolazione, che dai mezzi di informazione, altri invece non
hanno attecchito quasi per nulla, mentre in alcuni casi vengono accettate sia
la vecchia che la nuova dicitura.
Ad esempio, la nuova denominazione Mumbai da Bombay, effettuata
nel 1995, si è ormai ampiamente diffusa; discorso simile per Chennai,
rinominata da Madras nel 1996, ma le vecchie diciture sono ancora ampiamente
riconosciute.
È abbastanza logico pensare che col passare del tempo anche
i nomi nuovi attualmente poco usati potranno essere più diffusi, soprattutto a
livello internazionale: per esempio, al di fuori dell’India, pochi sanno che la
città di Bangalore, dal 2014, dopo lunghe pratiche burocratiche, è stata
ribatezzata Bengaluru, e seppur siano già passati un paio d’anni, quando il
nuovo nome apparirà su tutte le cartine internazionali ed i documenti ufficiali,
probabilmente verrà ampiamente accettato.
Bisogna anche notare che spesso l’ancora notevole
diffusione dei nomi vecchi è dovuta al fatto che molte istituzioni, come ad
esempio scuole ed università, per motivi pratici non hanno cambiato nome.
Tra i vari casi di ridenominazione, oltre agli esempi già
citati, lasciamo una breve lista di quelli più caratteristici.
Poco dopo l’indipendenza, due grandi città industriali
furono rinominate per rendere la loro compitazione (spelling) e pronuncia
leggermente più semplici, a prescindere dalla lingua utilizzata: nel 1947,
Jubbulpore divenne Jabalpur e Cawnpore venne rinominata Kanpur.
Al contrario, l’apparentemente semplice nome di Baroda,
grande città dello stato del Gujarat, nel 1974 venne cambiato in un decisamente
meno agile Vadodara, o la città di Trivandrum, che nel 1991 venne rinominata
Thiruvanthapuram, termine tanto complesso che infatti pare venga poco
utilizzato anche dalla popolazione locale.
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