venerdì 25 marzo 2016

Storia del musicista Khudav Singh

In un piccolo principato indiano, vi era un suonatore di pakhawaj (un grande tamburo suonato da entrambi i lati) chiamato Khudav Singh.
Egli era un esperto di pakhawaj poiché, con la sua musica, pregava la dea Durga.
La sua devozione era tale che, prima di suonare, egli lanciava il suo strumento in aria, la dea stessa lo colpiva tre volte, quindi lui lo riprendeva al volo e solo allora iniziava la sua esecuzione.
La sorella del maharajà, una ragazza di sedici anni, adorava la sua musica e cercava di ascoltarlo appena se ne presentava l’occasione, finché col tempo si innamorò dello stesso Khudav Singh.
Il maharajà, molto irritato, le ordinò di lasciare perdere il musicista e quando lei rifiutò, domandò allora a Khudav Singh di ripudiare la ragazza.
Egli però rispose “Lei ama e apprezza la mia arte. Come faccio a mandarla via?”.
Il maharajà allora disse “Molto bene, visto che hai osato disobbedirmi, sei condannato a morire schiacciato sotto le zampe di un elefante!”.
Quindi invitò tutti gli abitanti del principato all’esecuzione, come monito a non comportarsi stupidamente come Khudav Singh.
L’elefante fu fatto ubriacare fino a che non divenne completamente furioso, quindi il maharajà chiese a Khudav Singh se avesse un ultimo desiderio.
Egli rispose “Il mio pakhawaj, mio compagno di tutta la vita, dovrebbe essere schiacciato insieme a me”.
E gli fu dato il suo strumento.
Mentre l’elefante avanzava inferocito, Khudav Singh iniziò a suonare il raga Ganesha Paran: quando questo raga viene suonato propriamente, il dio Ganesha (dalla testa d’elefante) deve presentarsi al suonatore, non ha scelta, non può scappare.
Questo sistema era un modo per Khudav Singh di implorare la sua divinità “Per favore Madre Durga, chiama Ganesha, aiutami!”.
Durga, che in realtà è una rappresentazione di Parvati e quindi la madre di Ganesha, chiese allora al figlio di aiutare il suo devoto.
Ganesha acconsentì ed entrò nel corpo dell’elefante, il quale si sedette placidamente di fronte a Khudav Singh che suonava il pakhawaj e iniziò ad accarezzargli la testa con la proboscide.
Per più di mezz’ora i soldati cercarono di istigare l’animale con lance e spunzoni ma egli rifiutò di attaccare.

Il maharajà capì quindi il proprio errore e disse “Lasciamo che mia sorella sposi Khudav Singh e liberiamo l’elefante: ovunque egli andrà quelle terre apparterranno a Khudav Singh”.

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