Come Holi è la festa indù più
importante del ciclo primaverile, Diwali lo è di quelle del ciclo autunnale.
I significati ad essa legati sono
numerosissimi sia perché viene celebrata da diverse comunità religiose per
motivi differenti, sia perché in realtà anche i giorni che precedono e seguono il
Diwali sono importanti festività.
Secondo la tradizione più seguita al
giorno d’oggi, i giorni di festa sono ben 5, riuniti sotto il generico nome di Diwali
che però propriamente è il terzo.
Il primo giorno si chiama Dhanteras,
che significa Tredicesimo giorno della Prosperità, riferito al fatto che cade
nel tredicesimo giorno (teras) della seconda metà del mese lunare ed è
considerato favorevole alla prosperità (dhan).
Questa data viene considerata come
l’inizio dell’anno nuovo da parte di imprese e commercianti.
Il giorno successivo viene chiamato Naraka Chaturdashi (ma anche Choti Diwali, piccolo Diwali) ed è considerato il giorno in cui
il dio Krishna sconfisse il demone Nakasura.
I devoti
indù si svegliano presto, fanno un bagno, si cospargono di oli essenziali,
indossano vestiti nuovi e celebrano una cerimonia in onore di Vishnu, di cui
Krishna è l’ottava incarnazione.
La nota
tradizione del Diwali di scoppiare fuochi d’rtificio petardi prende spunto da
questo giorno di festa e rappresenta la sconfitta del demone.
Il terzo
giorno, Diwali propriamente detto, è chiamato anche Lakshmi Pooja e si venera
la dea della prospetià Lakshmi, moglie di Vishnu.
È ritenuto
un giorno importantissimo per pulizie domestiche, nonché per piccoli lavori di
ristrutturazione, poiché pare la dea visiti con piacere la case pulite e
rinnovate, anche se in realtà ha la funzione pratica di risistemare le
abitazioni dopo il passaggio, spesso devastante, del monsone.
Viene anche
considerato il giorno in cui il dio Rama, settima incarnazione di Vishnu, tornò
nella capitale Ayodhya, dopo 14 anni di esilio, per reclamare il trono del
regno.
Questo è uno
dei numerosi motivi per cui vengono accesi i lumini, cioè indicare a Rama la
strada del ritorno.
Il giorno
successivo, il quarto, viene chiamato Govardhan Pooja o Bali Pratipada,
entrambi riferiti a due noti episodi mitologici.
Govardhan è
il nome di una collina che Krishna tenne sospesa su un dito, per proteggere i
suoi devoti durante una vendicativa tempesta scatenata dal dio Indra,
precedentemente battuto in un conflitto con Krishna.
Bali
Pratipada, traducibile con “i passi contro Bali”, rappresenta invece il giorno
in cui Vishnu, sotto le vesti del nano Vamana (sua quinta incarnazione)
riconquistò l’universo che era caduto sotto il controllo del demone Bali.
Presentandosi
a Bali in quella forma, Vamana-Vishnu chiese umilmente al demone tanta terra
quanto era quella che lui poteva percorrere con tre passi.
Pur
avvertito da un consigliere di stare attento, Bali acconsentì, e una volta
rivelata la sua vera natura divina, Vamana con un passo conquistò la terra, col
secondo i cieli e col terzo l’intero universo.
Secondo
un’altra versione, non sapendo dove mettere il piede per il terzo passo, Bali,
riconoscendo la grandezza di Vishnu, gli chiese di poggiarlo sulla sua testa.
Grazie a
questo Bali è uno dei pochi demoni a ricevere le attenzioni dei devoti indù,
vista la rarità dell’onore di essere stato toccato dal piede di Dio.
Govardhan
Pooja o Bali Pratipada, nello stato del Gujarat è il primo dell’anno del
calendario induista Vikram-Samvat, che di solito viene fatto iniziare a metà
Aprile.
Il quinto giorno infine si celebra
Bhaidooj, o Yama Dwitiya, collegato al poco noto e oscuro espisodio in cui il
dio della morte Yama visitò la sorella Yami.
Lei lo accolse con tutti gli onori,
mangiarono assieme, quindi Yama, soddisfatto, le fece un regalo.
La tradizione vuole che in questo
giorno i fratelli facciano visita alle sorelle, portando doni, che le sorelle
ricambiano offrendo dolci e legando un braccialetto colorato di filo o stoffa
al polso dei fratelli, in maniera simile alla festa di Raksha Bandhan (per
dettagli http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/03/festivita-indiane-ii-parte.html).
Com’è noto le famiglie indiane sono
ancora oggi molto numerose e questa festa è quindi molto sentita; i giorni
successivi è curioso osservare ai polsi di tutti gli uomini, anche i più
“rispettabili”, questi braccialetti di sgargianti colori.
Questi sono i significati può
comunemente attribuiti dagli indù alla festa del Diwali, ma esistono numerose
varianti regionali, tra cui citiamo l’originale tradizione nepalese, dove il
Diwali è chiamato Tihar.
I cinque giorni di Tihar sono
estremamente sentiti tanto che il paese, indaffaratissimo a compiere rituali,
si blocca completamente, in un delirio di offerte devozionali, musica
tradizionale e grandi abbuffate.
I cinque giorni di Tihar,
curiosamente, prevedono cerimonie non solo in onore degli dei ma anche degli
animali.
Il primo giorno viene venerato il
corvo, considerato messaggero divino (seppur propriamente di Yama, dio della
morte), mentre il secondo sono i cani ad essere venerati con ghirlande di fiori,
segni colorati in mezzo alla fronte e offerte di cibo.
Il terzo giorno, anche in Nepal
considerato Lakshmi Pooja e ultimo giorno dell’anno, l’animale venerato è la
mucca.
Il quarto giorno, il primo dell’anno,
viene dedicato all’elefante, simbolo di prosperità, mentre il quinto tocca
invece ai tori.
Anche in Nepal il quinto giorno è
dedicato alla visita e allo scambio dei doni tra fratelli e sorelle.
Oltre a queste tradizioni tipicamente
indù, Diwali è un giorno di festa anche per le religioni Jaina, Sikh e
Buddismo.
Per i Jaina il giorno di Diwali rappresenta
la data della morte di Mahavira, ultimo dei 24 profeti jainisti e, come già accennato,
il giorno successivo è il primo giorno dell’anno in Gujarat, dove il jainismo
ha influito notevolmente sulla cultura, seppur oggi sia praticato solo dal 13%
della popolazione.
I Sikh celebrano il Diwali come data
del ritorno dalla prigionia di Guru Hargobind e la tradizione delle luci si
collega all’atmosfera festosa che segnò questo felice evento.
Insieme a Baisaki, una festa
primaverile appartenente al ciclo di Holy, Diwali è importante per i Sikh
poiché durante queste due date annuali si tenevano i meeting della comunità dal
quale scaturì la Khalsa, l’associazione
a capo della religione.
Nel buddismo Diwali non è considerato
una festività molto importante, esclusa la popolazione buddista nepalese di
etnia Newari, l’originale etnia della Valle di Katmandu, che in questo giorno
venera l’antico imperatore Ashoka, considerato il responsabile della diffusione
del buddismo in Nepal.
A parte i più o meno reconditi
significati, le caratteristiche più evidenti del Diwali moderno sono
essenzialmente tre: l’accensione di lumini, l’esplosione di petardi e fuochi
d’artificio, e lo scambio di dolci.
L’atmosfera creata al tramonto quando
tutti gli edifici, sia pubblici che privati, vengono illuminati da decine di
lucine è decisamente suggestiva.
Secondo la tradizione, ancora
abbondantemente seguita, i lumini sono composti da coppini di terracotta, di
varie forme e stili, che vengono riempiti di burro chiarificato od olio di
sesamo, nel quale è immmerso uno stoppino di cotone.
Molto diffuse sono anche le comuni
candele, seppure nell’induismo vengono considerate illuminazioni sacre “di Serie
B”, poiché, essendo composte di chimica paraffina, sono sprovviste della
qualità nutritiva del burro chiarificato e dell’olio di sesamo.
L’accensione di questi lumini, comune
anche durante le cerimonie quotidiane, ha infatti anche la funzione di
“sfamare” le divinità.
Oggigiorno stanno prendendo sempre più
piede delle economicissime, e spesso davvero originali, illuminazioni
elettriche, molto simili a quelle natalizie.
Il risultato talvolta è decisamente
pacchiano, soprattutto quando queste numerosissime lucine coprono interi
edifici, ma offrono comunque un’armosfera molto festosa.
La tradizione di esplodere petardi e
fuochi di artificio è piuttosto recente e sta avendo sempre più successo.
Se non fosse per l’uso decisamente
smodato e completamente privo di elementari misure di sicurezza, l’atmosfera è piuttosto
divertente, con i bambini che scoppiano miccette e accendono stelline, i
ragazzini che scoppiano “raudi” e lanciano razzetti, e gli adulti che
praticamente fanno esplodere qualunque cosa, fino a colpi di pistola...
Il bollettino del giorno dopo infatti elenca
una serie di incidenti mortali e più o meno invalidanti, senza contare
l’atmosfera irrespirabile con l’aria impregnata di polvere da sparo, le strade
completamente ricoperte degli avanzi delle cartucce e gli animali, soprattutto
i cani, che traumatizzati si guardano attorno basiti con la coda tra le gambe.
A causa di questi motivi, negli ultimi
anni vengono emesse continuamente nuove leggi per cercare di limitare i danni e,
seppur i casi di completa idiozia siano ancora comuni, qualche basilare
miglioria la si può già intravvedere.
Ma la tradizione di Diwali che più di
tutte accomuna gli abitanti del subcontinente indiano, a prescindere da
religione, etnia, casta, età, sesso e quant’altro è quella dello scambio di
dolci, che in quei giorni vengono reciprocamente e continuamente offerti in
ogni situazione.
Veramente interessante, ed anche divertente.
RispondiEliminaLe feste sono tutte un po' cosi'!
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