giovedì 31 marzo 2016

La frutta in India, II parte

MangoTra la frutta indiana sub-tropicale e tropicale, onnipresenti in India sono le noci di cocco, vendute sia acerbe e intere per berne il succo, sia mature per mangiarne la polpa, nonché secche o deidradate da consumare lisce o per prepararne dolci.
Le noci di cocco sono anche offerte comunemente nei templi indù dove l’acqua al suo interno viene versata sulle divinità e la polpa consumata dal devoto dopo essere stata santificata.

Il re della frutta indiana, e forse della frutta in generale, è sicuramente il mango, di cui l’India è la capitale mondiale, essendo il primo paese per produzione, varietà e qualità.
Le sue ammirabili caratteristiche organolettiche attirarono addirittura l’attenzione dell’illuminato e talentuosamente versatile imperatore moghul Akbar (1542-1605 http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/limperatore-akbar.html) il quale, insieme al figlio Jehangir, si dedicò con passione allo studio di questo frutto, creandone alcune pregiate qualità, di cui una, la Jehangiri, è ancora oggi un’importante cultivar.
Nei mercati del nord dell’India se ne trovano di solito 4 tipi: uno giallo e dalla forma allungata viene chiamato in hindi chosa ed è utilizzato prevalentemente per i succhi; la sua zona di produzione è il centro del paese.
Un secondo tipo giallo, più tondeggiante del precedente e più piccolo, chiamato dashaheri, è probabilmente il più diffuso nel nord dell’India; data la consistenza particolarmente morbida, soprattutto quando sono molto maturi, si prestano ad essere consumati pressando leggermente con le dita la resistente buccia del frutto, per spappolarne la polpa all’interno, che viene poi sorbita praticando un foro sulla zona dove il frutto era attaccato al ramo.
Una gustosa qualità di mango, chiamata langra, tipica dello stato dell’Uttar Pradesh, prevede frutti dalla buccia verde, la polpa soda d’un arancione molto vivo e il sapore particolarmente dolce.
Un’ultima qualità di mango molto diffusa al nord, ma proveniente dal centro del paese, è quella che produce frutti dalla buccia rossastra, i famosi Alphonso, sebbene quelli per il mercato interno non siano di primissima scelta.
L’unica nota negativa dei manghi è la stagione relativamente breve: nel nord dell’India quelli importati dal centro del paese, i chosa e gli Alphonso, iniziano a comparire verso Marzo-Aprile, e da fine Maggio a Luglio si assiste ad una vera esplosione di quelli tipici del nord, dashaheri e langra, ma successivamente, in meno di un paio di mesi, spariscono poco alla volta dal mercato.

Altro frutto considerato universalmente tra i più gustosi è la papaya, i cui alberi, simili a gracili palme, sono diffusissimi e producono abbondanti frutti di ottima qualità, consumati freschi a pezzetti oppure in buonissimi frullati.
Oltre a questo, la papaya possiede proprietà che facilitano la digestione ed è ritenuta un ottimo rimedio per piccole intossicazioni alimentari, in India molto frequenti.
Altro particolare molto apprezzato, la papaya matura tutto l’anno e, seppur certi periodi siano più favorevoli di altri, è costantemente reperibile sul mercato.
Quelle acerbe vengono utilizzate come verdure, fenomeno comune anche alle banane, e vengono cucinate come tali in gustosi curry, seppur il loro leggero sapore dolce, tra le spezie e gli altri ortaggi, risulta essere quasi impercettibile.

Un frutto sub-tropicale/tropicale estremamente saporito è quello prodotto dalle piante del genere physalis, chiamato in inglese groundcherry e in italiano fisaglia, oppure alchechengi, prendendo il nome da una delle specie più diffuse per il consumo umano, physalis alkekengi.
Particolare di questi frutti, tondeggianti e arancioni, delle dimensioni simili a quelle delle ciliegie, è l’aver un gusto estremamente vario: molto aspro in quelli acerbi e dolcissimo, quasi “fermentato”, in quelli troppo maturi, quindi quelli stagionati al punto giusto propongono tutta la gamma di sapori che si trovano tra questi due estremi.
Purtroppo le fisaglie, chiamate in hindi macoi, hanno una stagione molto breve, di circa un paio di mesi, nei periodi di Aprile-Maggio.
Altro frutto sub-tropicale/tropicale estremamente piacevole, ma purtroppo dalla brevissima stagione, è il litchi, diffusissimo in tutta l’Asia con numerose cultivar della pianta litchi chinensis.
Le cultivar piu diffuse in India producono frutti di dimensioni simili a quelle di una noce e ricoperti da una buccia rosso opaco piena di piccole protuberanze.
La polpa, bianco-trasparente, ha un ottimo sapore dolce che potremmo definire quasi floreale.
Consumati abitualmente freschi, dai litchi si producono, industrialmente, anche dei buoni succhi che però, come tutte le bevande confezionate indiane, spesso sono eccessivamente zuccherosi.
La guava invece è un frutto presente in vari periodi sul mercato poiché possiede due stagioni di maturazione, primaverile e autunnale.
Delle dimensioni di una mela, con la buccia liscia verde, ricorda vagamente la mela anche nella consistenza della polpa, ma è decisamente più saporita, con un gusto dolce, floreale, lievemente aspro.
Anche il profumo è particolarmente gradevole ed un paio di frutti in una stanza donano all’ambiente un’ottima fragranza; recentemente pare sia stato anche introdotto come ingrediente nella profumeria.

Altrettanto piacevole è l’aroma della cirimoia, il frutto della pianta annona cherimola, che, escluso il colore verde con macchie nere, nella forma ricorda molto delle piccole pigne da pinoli, o dei carciofi privi di spine.
Al suo interno vi è una polpa bianca, con alcuni grossi semi neri, dal gradevole sapore dolce leggermente aspro, mentre il sottile strato di grumosa pasta bianca attaccata alla buccia ha un sapore sorprendentemente simile alla vaniglia, da cui il nome inglese custard apple, mela-budino.
Pare essere coltivato anche in Europa, nel sud della Spagna, ed in Italia, nella provincia di Reggio Calabria.

Un particolare frutto tropicale, caratteristico del sud dell’Asia e che compare talvolta sul mercato durante la stagione calda è la carambola, di colore giallo e dalla caratteristica forma a stella.
Viene di solito consumato a fette sottili con la buccia, edibile, a causa della forma che lo rende quasi impossibile da pelare.
La polpa ricorda come consistenza quella dell’uva, mentre il gusto può ricordare quello aspro degli agrumi ma decisamente più fruttato.

Simile come consistenza è l’amla, nome hindi del frutto della pianta phyllanthus emblica, rotondo, delle dimensioni di una prugna.
Oltre alla polpa, anche il gusto dei frutti maturi è molto simile all’uva, leggermente più aspro, mentre con quelli acerbi vengono preparati saporiti pickle (condimenti sottolio piccanti).

L’albero di bael  (aegle marmelos), tipico indiano, produce dei frutti rotondi delle dimensioni di un polpelmo, dalla buccia legnosa che racchiude una polpa arancione fibrosa piena di semi.
Nonostante questo, dato il suo ottimo aroma, utilizzando tecniche artigianali non semplicissime, è possibile ricavarne un succo dal gusto piacevolmente simile al melone, alla papaya ed al mango (tutti frutti accomunati anche dal piacevole colore arancione vivo).

Altro frutto molto particolare è il singhara (al quale abbiamo dedicato anche un post specifico http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/la-castagna-dacqua.html), prodotto ad una pianta acquatica, di cui in realtà è il seme, che abbiamo scoperto essere diffusa localmente anche in Italia, in particolare nel laghi del mantovano, dove il frutto viene chiamato trapa o castagna d’acqua (da non confondere con un altro frutto simile, chiamato castagna d’acqua cinese, tipico del sud-est asiatico).
La forma è vagamente triangolare con la buccia verde scuro, amaranto scuro e talvolta nera, spessa ma apribile a mani nude (stando attenti a non pungersi con le due spine ai lati e talvolta un terza più piccola al centro), che nasconde un frutto bianco a forma di cuore, dalla consistenza simile alla castagna ma dal leggero e piacevole gusto floreale.
Viene consumato fresco, ma talvolta viene anche seccato e polverizzato per ottenerne una farina il cui utilizzo è permesso anche durante i lunghi giorni, dieci, di digiuno durante le festività chiamate Navratri, nove notti.

Un ultimo frutto caratteristico e molto comune è la sapotiglia, proveniente dalle piante di manilkara zapota, che pur essendo, come altri frutti citati, quali la papaya, la guava e la cirimoia, originari del centro-america, in India trova delle condizioni climatiche particolarmente adatte.
La sua forma è rotonda, solo leggermente ovoidale, con una buccia marroncino chiaro che ricorda delle piccole patate, dalle quali si distingue, a prima vista, solo per la regolarità delle dimensioni di circa 5-6 centimetri di diametro.
Il sapore è gradevole e dolce, ottimo da consumare fresco o per produrre piacevoli succhi molto dissetanti.
In hindi viene chiamato chiku, simpatico termine che viene spesso utilizzato familiarmente come nomignolo di bambini o come vero e proprio nome  per i cani domestici.

Durante la nostra ricerca per riportare dati precisi per la stesura di questo post, abbiamo scoperto su Wikipedia che il lattice della pianta manilkara zapota, apparentemente misconosciuta in Europa, è stato, per lungo tempo, l’ingrediente base della gomma da masticare, solo recentemente sostituito da prodotti sintetici.

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