Jalal-ud-Din
Muhammad Akbar (1542-1605), chiamato anche Shahanshah, “Re dei Re”, o Akbar il
Grande, fu il terzo imperatore della dinastia mussulmana Moghul che regnò su
gran parte del nord dell’India dal 1526, con la fondazione dell’impero da parte
di Babur, fino alla morte del sesto discendente Aurangzeb nel 1707.
Dopo Aurangzeb, che fondò il suo regno
sulla violenza e la repressione, la dinastia conobbe un lento ma inesorabile
declino, l’impero si frammentò in piccoli principati, di cui i Moghul erano a
capo solo nominalmente, e furono soppiantati definitivamente dagli inglesi dopo
la ribellione indiana del 1857.
Akbar divenne imperatore all’età di 9
anni, con la morte improvvisa del padre Humayum, assunse le redini del potere a
13 anni, nel 1556, e lo mantenne per 49 anni fino alla sua morte, espandendo i
domini Moghul su quasi tutto il nord dell’India.
I motivi del successo del suo regno
vanno fatti risalire alla notevole versatilità del talentuoso personaggio ed
alla sua risaputa tolleranza, grazie alla quale è passato alla storia come un
sovrano illuminato e il lungo periodo del suo regno fu, se non proprio
pacifico, sicuramente prospero.
Come capo supremo dell’importantissimo
esercito, Akbar fu un grande stratega militare, arte che imparò in famiglia, dal
padre, dallo zio Askari, col quale trascorse parte della sua impegnata infanzia
in Afghanistan, e dal tutore Bairam Khan.
Fu infatti grazie alle eccelse qualità
di comandante dell’esercito che Akbar fu in grado di sconfiggere
definitivamente la dinastia afghana Suri, che in precedenza, col sovrano Sher
Shah Suri, aveva costretto Humayum all’esilio dall’India.
Dopo la morte di Sher Shah Suri,
Humayum era riuscito a riconquistare Delhi ma fu Akbar, sconfiggendo definitivamente
gli eredi Suri, a porre fine alle ambizioni della dinastia afghana sull’India.
Una volta assicuratosi un vasto
territorio attorno alla capitale Delhi e stabiliti i confini occidentali, Akbar
iniziò l’opera di espansione dell’impero, dapprima conquistando il Kashmir a
nord, il Rajasthan a sud e la pianura gangetica ad est.
Alla sua morte l’Impero Moghul
comprendeva anche il Gujarat e il Maharashtra a sud ed arrivava fino al Bengala
ad est.
Tra le numerose novità militari
introdotte da Akbar, oltre ad un efficiente sistema di suddivisione
dell’esercito, vi fu l’ampio utilizzo di elefanti come macchine da guerra; lui
stesso ne possedeva circa 5000, mentre il totale di quelli disponibili nell’impero
raggiungeva circa le 40000 unità.
Soprattutto pare sia stato il primo a
montare dei piccoli cannoni sulla schiena dei pachidermi, raggiungendo il
doppio scopo di potenziare oltremodo gli elefanti e rendere mobile l’artiglieria
pesante.
L’unico punto debole del potentissimo
esercito di Akbar era la marina, principalmente perché gli sbocchi sul mare in
Gujarat e in Bengala furono aggiunti all’impero piuttosto tardi.
Per garantirsi una certa libertà di
navigazione, soprattutto per fini commerciali e per i pellegrinaggi a La Mecca,
Akbar fu quindi costretto a collaborare con i portoghesi, che al tempo
controllavano le rotte del Mare Arabico.
Oltre alle capacità militari, Akbar fu
infatti un ottimo diplomatico ed amministratore, qualità decisamente importanti
per governare un impero così vasto.
Durante il suo regno furono
particolarmente numerosi i matrimoni di convenienza tra donne indù delle
famiglie degli ex regnanti locali e i più importanti rappresentanti della
dinastia Moghul, e sebbene questa fosse una tradizione precedente ad Akbar, con
lui divennero veri e propri legami familiari.
Precedentemente le donne indù venivano
pressoché offerte ai regnanti mussulmani che le portavano con loro,
allontanandole del tutto dalla famiglia d’origine, mentre Akbar tendeva a
comprendere queste famiglie nella propria amministrazione, offrendo ai membri vari
incarichi, anche di prestigio.
Questo si rivelò un’astutissima mossa
dal punto di vista amministrativo, poiché gli ex piccoli regnanti locali conoscevano
meglio di lui la situazione economica e sociale, e in molti casi si rivelarono
ottimi collaboratori.
Il sistema di divisione dell’impero fu
migliorato, come anche l’importante e difficile operazione di raccolta delle
tasse, fattore che favorì chiaramente la prosperità economica.
La qualità del carattere di Akbar che
più di tutte lo rese un sovrano diverso, per certi aspetti veramente illuminato,
fu una notevole tolleranza, accompagnata dall’abitudine ad ascoltare le idee
degli altri.
Sebbene queste qualità per l’uomo
comune non siano altro che la base di un sereno e pacifico vivere in società,
sono decisamente rare in regnanti e sovrani; gli stessi politici moderni, in
troppi casi, ne sembrano completamente sprovvisti.
In particolare Akbar si rivelò
estremamente tollerante in campo religioso, cosa che lo distinse da tutti gli
altri sovrani mussulmani Moghul, esclusi parzialmente il figlio Jehangir e il
nipote Shah Jahan che lo succedettero al trono.
Se molti altri imperatori della dinastia,
Babur e Aurangzeb su tutti, si resero famosi per la sistematica ed accanita
distruzione di templi indù, Akbar, al contrario, è noto per aver spesso
sovvenzionato la ristrutturazione di quelli demoliti o la costruzione di nuovi.
Egli stesso fu un appassionato
ricercatore spirituale ed è risaputo come uno dei suoi passatempi serali
preferiti fosse discutere con i rappresentanti di tutte le religioni presenti
nel suo vasto impero: mussulmani, indù, jaina, buddisti, zoroastriani e
cristiani
Dopo lungo filosofeggiare ed aver
realizzato che le religioni hanno la brutta tendenza a dividere, piuttosto che
ad unire, Akbar decise di creare un proprio movimento religioso chiamato Din-i-Ilahi,
la Fede Divina, il cui scopo era quello di promuovere il sincretismo religioso,
utilizzando principi assimilati da varie fedi.
Più che una religione fu un sistema
etico basato su pietà, prudenza, astinenza e bontà, qualità morali che in quel
periodo di continue guerre erano evidentemente molto rare.
Il movimento comunque, pur
rappresentando un interessante e originale esperimento, non ebbe molto successo
e pare che storicamente contò solo 19 seguaci, tutti parenti e stretti
collaboratori di Akbar.
Sebbene egli fu per tutta la vita
analfabeta, Akbar fu un generoso mecenate di scienze ed arti che favorì
apertamente ed aiutò quindi a sviluppare.
Akbar stesso viene considerato dagli
storici un artista ed artigiano, oltre che teologo, generale, guerriero, armaiolo,
fabbro ferraio, carpentiere, inventore, merlettaio, allenatore di animali e
botanico.
Artisticamente si interessò a
promuovere la scuola Moghul, sia in pittura che in architettura, e anche grazie
ai suoi sforzi, qualche anno più tardi questi raggiungeranno il loro apice
sotto l’imperatore Shah Jahan, il creatore del Taj Mahal, nipote abiatico di
Akbar.
Dal punto di vista zoologico-botanico,
Akbar, oltre ai già citati elefanti, allevava personalmente centinaia di
ghepardi che utilizzava per la caccia, suo passatempo preferito, nonché creò,
insieme al figlio Jehangir, delle ottime cultivar di quello che considerava il
Re dei frutti, il mango.
Bisogna anche segnalare che Akbar,
come ogni persona di successo, era molto abile nel riconoscere i talenti altrui
e si circondò dei più dotati personaggi del suo tempo.
Prima di tutto fu fortunato
nell’essere stato allevato da un custode eccelso, Bairam Khan, il consigliere
personale del padre Humayum, il quale, all’improvvisa morte del genitore, prese
Akbar sotto la sua protezione, lo aiutò a salire al trono e lo istruì
saggiamente sulle intricate relazioni diplomatiche interne ed estere.
Nonostante il forte legame tra i due,
a causa di un violento litigio a corte, Akbar nel 1560 licenziò Bairam Khan
ordinandogli di andare in pellegrinaggio a La Mecca.
Bairam Khan fu invece convinto dagli
oppositori dell’imperatore a ribellarsi e si mise a capo di un esercito che
però fu agilmente sconfitto da Akbar.
Nonostante il tradimento, Akbar,
ancora riconoscente dell’aiuto ricevuto in gioventù, perdonò Bairam Khan,
offrendogli di tornare a corte o continuare il suo pellegrinaggio a La Mecca;
Bairam Khan scelse la seconda opzione.
Secondo una delle varie leggende più o
meno fondate storicamente, alla corte di Akbar erano presenti nove personaggi,
chiamati Navratna, cioè Nove Pietre Preziose, che rappresentavano l’eccellenza
nei loro relativi campi.
Birbal, che spesso troviamo brillante
protagonista di alcune interessanti storie (http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/search/label/Storie%20su%20Akbar),
fu il suo sagace consigliere personale e fidato generale.
Il loro rapporto d’amicizia fu
strettissimo e quando Birbal morì, durante una campagna per sedare delle tribù
rivoltose in Afghanistan, Akbar pianse la sua morte per lungo tempo.
Un altro intelligente consigliere di Akbar
fu Mullah Do Pyaza, sebbene, in una storiella che abbiamo pubblicato in passato,
non faccia proprio una bella figura (http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/akbar-birbal-e-mullah-do-pyaza.html).
In realtà la storicità di Mullah Do
Pyaza è dubbia e le notizie su di lui sono prese in gran parte da un
opuscoletto goliardico sulla sua vita e i suoi scherzi, pubblicato a fine ‘800.
Il nome Do Pyaza, che in hindi
significa “due cipolle”, deriva dal fatto che un giorno il Mullah, per
sbadataggine, aggiunse due volte le cipolle in una pietanza.
Da questo episodio semi-leggendario successivamente
si sviluppò un tipico curry, il do pyaza, di carne o verdure, noto per
l’abbondante utilizzo della cipolla, sia nel soffritto che successivamente
insieme agli altri ingredienti.
Figura storica riconosciuta è quella
di Raja Man Singh, il Maharajà di Amber, allora potente principato, il quale si
sottomise all’Imperatore Akbar e divenne uno dei suoi comandanti militari di
maggior successo.
Altro componente dei Nove Gioielli
della corte di Akbar documentato storicamente è Raja Todar Mall, dapprima entrato
nelle grazie dell’imperatore per le sue qualità di condottiero militare, ma
successivamente elevato a Ministro delle Finanze, incarico che eseguì con
particolare successo.
Tra le curiosità, Raja Todar Mall fu
responsabile della ristrutturazione del Kashi Vishwanath Mandir a Varanasi, uno
dei templi di Shiva più importanti.
Da grande appassionato di musica e
poesia, Akbar si circondò dei migliori musicisti e poeti, le cui fonti storiche
sono piuttosto attendibili.
Myan Tansen è noto per essere stato un
eccellente compositore e cantante, oltre che per aver contribuito in molti modi
allo sviluppo della musica classica industani: compose numerosi raga, sviluppò
nuovi strumenti e perfezionò il genere vocale del dhrupad.
Ben due poeti facevano parte della
squadra d’eccellenza di Akbar: Abdul Rahim e Faizi.
Abdul Rahim era figlio di Bairam Khan,
il custode di gioventù di Akbar, e quando successivamente la moglie di Bairam
Khan divenne la seconda moglie di Akbar, Rahim divenne di fatto suo figliastro.
Rahim è noto per la sua devozione a
Krishna, nonostante fosse mussulmano, e la sua sagacia, che esprimeva nelle doha, una metrica tipica di quel
periodo, composta da due soli versi.
Anche Faizi, sebbene mussulmano, aveva
una visione religiosa panteista, espressa molto chiaramente nelle sue numerose
opere in lingua farsi (persiano).
Fu anche il primo a tradurre un
importante manuale sanscrito sullo yoga, lo Yoga Vashisht, in tale lingua.
Il fratello minore di Faizi, Abul Fazl,
fu invece lo storico di Akbar ed è noto per aver scritto l’Akbarnama, la storia ufficiale, in tre volumi, del regno di Akbar.
L’ottimo pedigree dei due fratelli può
essere fatto risalire al padre, Shaikh Mubarak, il quale pare fosse uno studioso
di filosofia islamica e greca.
L’ultimo gioiello alla corte di Akbar,
la cui figura storica è piuttosto dubbia, fu il fachiro Aziao-Din, che ovviamente
era il consigliere personale dell’imperatore per quanto riguardava le materie
religiose e spirituali.
Tra i pochi insuccessi di Akbar
bisogna segnalare la costruzione di una nuova capitale, la famosa Fatehpur
Sikri, nei pressi di Agra, costruita con enormi sforzi e presto abbandonata per
vari motivi, tra cui la carenza d’acqua e la scarsa difendibilità, visto che fu
creata seguendo esigenze artistiche piuttosto che militari.
In realtà, date le enormi risorse
finanziarie dell’impero, il fallimento di questo progetto non creò nessun
particolare problema economico e nonostante gran parte della città sia oggi in
rovina, da quello che è rimasto si può notare come lo scopo artistico di Akbar
fu sicuramente raggiunto.
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