La città indiana di Bharatpur si trova
nell’angolo nord-orientale del Rajasthan, circa 200 km a sud di Delhi, presso
il confine con lo stato dell’Uttar Pradesh.
L’attrazione principale di questa
altrimenti anonima cittadina rajasthana è il Keoladeo Ghana National Park,
una riserva ornitologia di fama internazionale, talmente importante dall’essere
stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Oltre a questo, Bharatpur in sé non
offre nulla di particolare, ma si trova nei pressi di alcuni siti turisticamente
interessanti e può essere utilizzata come un comodo campo-base, grazie alla
presenza di vari alberghi situati nei pressi delle due entrate del parco.
Il Parco Nazionale di Keoladeo si
stende su una superficie di circa 29 km quadrati ed è composto da una grande area
acquitrinosa, raggiungibile con un lungo viale asfaltato, ai lati del quale si
trovano alcune foreste attraversate da strade sterrate e sentieri.
Superata l’area paludosa, nella zona
più remota del parco, si trovano invece ampi spazi semi-desertici, tipo savana.
In origine questa era una regione
arida che beneficiava solo stagionalmente delle piogge monsoniche, ma grazie ad
alcuni lavori effettuati dal Maharajà Suraj Mal, nel XVIII secolo fu
trasformata in un bacino permanente.
Attraendo numerosi volatili, divenne
una prolifica riserva di caccia per bandire le tavole dei Maharajà, fino al non
lontano 1965, quindi nel 1976 fu dichiarata Santuario Ornitologico, nel 1982
Parco naturale e nel 1985 entrò nella lista dei siti protetti dall’UNESCO.
Una piacevole caratteristica del
Keoladeo è che date le dimensioni non eccessive e l’assenza di grandi
predatori, è possibile visitarlo comodamente a piedi, oppur a bordo di
biciclette e ciclorisciò, invece che su rumorose jeep o affollati elefanti come
capita nei grandi parchi nazionali indiani.
Senza dubbio passeggiare liberamente
tra variopinti uccelli può essere piacevole anche senza essere esperti
ornitologi o appassionati birdwatcher.
In passato si vociferava della
presenza di una tigre nelle zone più remote del parco, ma probabilmente si
trattava di un espediente per evitare che i visitatori vi si recassero e
rendere minore l’area da controllare da parte dei custodi.
Le specie di volatili reperibili
durante l’anno si aggirano intorno alle 350 ma chiaramente vi sono delle
notevoli variazioni stagionali.
Il periodo migliore va da Ottobre a
Marzo, quando gli specchi d’acqua sono letteralmente gremiti di uccelli
migratori che scendono nel subcontinente a trascorrere l’inverno.
Questo però dipende dalla quantità
d’acqua rimasta dopo il passaggio del monsone: nei non rari anni in cui le
piogge sono deboli o assenti, la mancanza d’acqua attira un numero piuttosto esiguo
di volatili.
Per ovviare alla naturale e sempre
maggior carenza d’acqua, spesso sono in funzione alcune pompe che aspirandola
dal sottosuolo cercano di mantenere un livello minimo per creare le condizioni
migliori per la vita della fuana aviaria.
Nelle zone acquitrinose chiaramente si
possono notare vari tipi di uccelli legati a tali ambienti quali: oche, anatre,
aironi, limicoli, cicogne e gru.
Fino ad una decina d’anni fa era
possibile avvistare anche le gru siberiane, unico sito nel subcontinente dove
venivano a svernare questi meravigliosi uccelli, ma ultimamente non sono stati
più avvistati.
La causa non dovrebbe però essere la
minor acqua presente nel parco, bensì le condizioni ostili che devono superare
le gru durante la loro lunga migrazione.
Non potendo attraversare direttamente l’Himalaya,
devono passare verso occidente attraverso l’Afghanistan e il Pakistan, dove ad
essere volatili sono le situazioni politiche che non garantiscono agli uccelli
nessun tipo di protezione e tendono quindi a migrare verso l’Iran.
Nelle zone di foresta che si estendono
ai lati del grande viale che porta al centro della zona paludosa, è possibile
avvistare vari tipi di passeriformi ma anche rapaci come falchi, aquile ed un
numero particolarmente elevato di gufi (il loro difficile avvistamento causato
dall’ottimo mimetismo, può essere sopperito dalla loro stanzialità e dall’aiuto
dei guidatori di ciclorisciò che operano anche come semplici guide
naturalistiche e che oltre a conoscere i posti migliori, si suggeriscono l’uno
l’altro i luoghi dove si verifica qualche avvistamento particolare).
Oltre agli uccelli molto nutrita è la
presenza di ungulati: è facile incontrare dei grandi gruppi di nilgai, antilope azzurra indiana (boselaphus tragocamelus), e di chital, cervo pomellato (axis axis), mentre sono più rari ma
comuni gli avvistamenti di sambar (cervus unicolor), un grande cervo
dagli imponenti palchi.
La presenza dell’antilope cervicapra e
del cervo porcino non è certa.
Molto numerosi e facilmente
osservabili sono anche gli sciacalli e le manguste, meno le volpi, date le
abitudini crepuscolari
Nelle zone con bassa vegetazione si
notano spesso delle lepri mentre è raro riuscire ad osservare gatti selvatici e
zibetti (mammiferi carnivori e fruttiferi, simili a gatti dalla lunga coda, spesso
abitanti degli alberi), presenti entrambe con almeno due specie.
La presenza di iene invece seppur
reclamata è dubbia a causa dei grandi spazi che richiederebbero popolazioni
seppur modeste di questi attivi mammiferi.
Folta è la presenza di rettili, tra
cui una dozzina di serpenti, specialmente pitoni, che d’inverno si possono
osservare durante il giorno mentre si scaldano al sole.
Secondo gli ultimi censimenti, sono
presenti cinque specie di lucertole e ben sette di tartarughe.
In un piccolo giardino nascosto nei
boschetti tra il viale e il recinto occidentale è ospitato un tempio indù
dedicato a Shiva, nei pressi del quale si trova una vasca di mattoni popolata
da tartarughe acquatiche di dimensioni davvero ragguardevoli.
Una gita al Keoladeo è quindi una
piacevole e interessante escursione tenendo anche presente che, per essere
apprezzato a pieno, il parco merita di essere visitato in fasi diverse della
giornata, almeno la mattina prestissimo e il tardo pomeriggio, per cui è
consigliabile trascorrervi un paio di giorni.
A quel punto si potrebbe prendere in
seria considerazione l’idea di soggiornare a Bharatpur per potersi dedicare
alla visita di interessanti luoghi nei dintorni.
Oltre al parco, l’unica attrazione
della città (di per sé discordinata e caotica) è l’immancabile forte, fatto
erigere nel XVIII secolo, dal Maharajà Suraj Mahl, già fondatore di Bharatpur.
Pur non avendo né una particolare
storia, né motivi artistici rilevanti, dato anche l’esiguo biglietto
d’ingresso, vale la pena visitare questo piccolo forte, munito chiaramente di
museo, di piccoli scorci suggestivi e di una discreta vista panoramica sulla
città.
La stessa Agra, col suo terribile
traffico e i rumorosi alberghi, si trova a soli 50 chilometri e visto che di
solito viene visitata solo per il Taj Mahal e il Forte, potrebbe rappresentare
un’escursione di un giorno da Bharatpur.
Sulla strada si trova anche
l’interessante città morta di Fatehpur Sikri, fatta costruire dal grande
imperatore Moghul Akbar, che potrebbe essere di nuovo un’ottima meta per una
gita di almeno mezza giornata.
Altro interessante sito nei paraggi è
Deeg (circa 35 km dal parco), una polverosa cittadina che conserva il Suraj
Mahal’s Palace, un originale palazzo fatto costruire dall’omonimo Maharajà di
Bharatpur nel XVIII secolo ed utilizzato dai suoi discendenti fino ai primi
anni ’70.
L’interno quindi è ben conservato e si
possono ammirare le solite collezioni di oggetti curiosi appartenuti ai passati
inquilini, ma è molto più interessante la zona esterna dove si trovano dei
giardini molto elaborati, alcuni vecchi padiglioni in rovina ma molto
suggestivi, e una gigantesca vasca sulla quale si affaccia il palazzo.
Anche la città di Mathura e le foreste
di Vrindavan (luogo di nascita e d’infanzia del dio Krishna) si trovano non
molto lontano da Bharatpur, seppur anche a Vrindavan sia possibile trovare
discreti alberghi in un contesto tranquillo e verdeggiante.
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