lunedì 8 febbraio 2016

Cibo indiano

Grazie alle sue caratteristiche peculiari, unite ad una notevole varietà, la cucina indiana sta riscuotendo un sempre crescente successo internazionale.
Il fenomeno di diffusione prende le sue orgini dalla massiccia emigrazione indiana che ha ormai raggiunto ogni angolo del pianeta, permettendo quindi a persone molto distanti fisicamente dall’India di fare la piacevole conoscenza della sua cucina.
Oggigiorno parole come chai, chapati, masala dosa, pakora, chicken tandoori, sono piuttosto conosciute in molti paesi, seppur sia facile immaginare come il cibo servito nei ristoranti all’estero sia ben diverso da quello che mangia quotidianamente la maggior parte degli indiani, sia a casa che nelle diffuse ed economiche tavole calde, detti dhaba.
Sebbene le ricette siano le stesse, e seguite più o meno fedelmente, le differenze più grandi si riscontrano principalmente nella varietà dei piatti, nonché nella qualità e quantità degli ingredienti.
Date le note difficoltà economiche degli indiani, i loro pasti sono quindi estremamente semplici comprendendo brodo di lenticchie, verdure speziate, pane (http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/pane-indiano.html) e/o riso, ben lontani dai ricchi menù dei ristoranti indiani in occidente.
Per cercare di affrontare l’argomento senza compilare un lungo elenco di ricette e ingredienti, prendiamo come esempio il dal, le onnipresenti lenticchie.

Intanto esistono numerosissimi tipi di lenticchie: gialle (divise a loro volta in numerose “sottospecie”), rosa, verdi, marroni, nere, e per ognuna di loro vi sono diversi utilizzi in ambito culinario.
I piatti più comuni in cui le lenticchie sono l’ingrediente principale sono 3: il plain dal, il dal fried e il dal makhani.

Il plain dal è un brodino di piccole lenticchie gialle (vigna radiata) divise a metà, cotte nella pentola a pressione insieme a polvere di curcuma e sale; una volta ammorbidite vanno aggiunti semi di cumino e aglio saltati in un po’ d’olio, preferibilmente di semi di senape, molto saporito.
Questa è la ricetta più semplice e comune, che risultando molto liquida viene accompagnata sempre dal riso, insieme a qualche verdura speziata saltata in padella; per la maggior parte degli indiani questo è il cibo quotidiano, consumato, possibilmente, almeno due volte al giorno.
Per quanto riguarda le differenze di preparazione, in genere il rapporto lenticchie-acqua è di 1 a 3, ma purtroppo critiche esigenze economiche portano spesso ad aumentare la parte di acqua, diminuire la polvere di curcuma, nonché il numero dei semi di cumino e sparire l’aglio, con risultati facilmente prevedibili.

La seconda ricetta di lenticchie  più comune è il dal fried, in cui si segue la preparazione del suddetto plain dal per quanto riguarda la bollitura, al termine della quale le lenticchie vengono però fatte saltare in padella, insieme a un soffritto di aglio, cumino, zenzero, mistura di spezie, coriandolo fresco e l’aggiunta di qualche pezzettino di cipolla e pomodoro.
Dati i non eccessivi costi degli ingredienti, e la facile preparazione, pure questa ricetta non è limitata ai ristoranti, ma viene cucinata abbastanza comunemente anche nelle famiglie.
Le lenticchie migliori sono quelle gialle divise a metà, ma di una misura più grande di quelle del plain dal, mentre, come accompagnamento, data la consistenza più densa, è meglio il pane, piuttosto del riso.

La terza ricetta in cui le lenticchie sono l’ingrediente principale, è il dal makhani, dove makhani vuol dire burro.
Il procedimento segue quasi alla lettera quello del precedente dal fried, a parte l’utilizzo del burro invece dell’olio e di lenticchie più consistenti di quelle gialle, come quelle marroni o nere, magari intere.
A causa del maggior costo, sia delle lenticchie che del burro rispetto all’olio, questa ricetta, a livello domestico, è piuttosto rara, e comune solo presso i benestanti abitanti del Punjab, luogo d’origine della ricetta proprio grazie alla maggior reperibilità degli ingredienti.

Lo stesso discorso delle lenticchie si può fare anche riguardo il pane e il riso, che possono variare notevolmente in base alla qualità.
Il pane indiano in realtà è solo acqua e farina, ma anche la semplice qualità della farina può creare delle differenze notevoli (da quella più economica viene fuori del pane piuttosto duro e “grumoso”), mentre riguardo al riso esistono numerose tipologie per tutte le tasche, da un economicissimo riso piccolo e spezzettato, a costosissimi basmati dai chicchi lunghi un centimetro; inutile dire qual è quello usato maggiormente dagli indiani...

I piccanti intingoli di verdure, oltre alla qualità dei prodotti, dipendono soprattutto dalle stagioni, seppur nella maggior parte dei casi la base sia costituita dalle umilissime patate.
La ricotta, decisamente più consistente delle verdure, purtroppo sta diventando sempre più un lusso, visti i costi che sta raggiungendo negli ultimi tempi, specialmente durante i periodi dei matrimoni, quando la maggior richiesta di latticini fa schizzare i prezzi alle stelle.

Per quanto riguarda invece il consumo di carne o pesce, oltre a varie restrizioni religiose (che per esempio ne vieterebbero il consumo da parte della alta casta dei bramini e da quasi tutte le persone religiose), è chiaro come sia regolato, come la ricotta, fondamentalmente dal costo piuttosto elevato.
I recenti progressi economici dell’India, che piano piano iniziano ad interessare una percentuale sempre maggiore di abitanti, stanno però rendendo il consumo di carne e pesce sempre più comune, seppur chiaramente sia ben lontano dall’uso quasi eccessivo che se ne fa nelle altre cucine internazionali.
Nonostante siano numerose le ricette in cui viene utilizzata la carne, in genere nelle case indiane si tratta di intingoli molto speziati, con pollo, più raramente montone o pesce.
Il classico pollo tandoori non viene cucinato a livello domestico per la mancanza del forno adatto, chiamato appunto tandoori, ma in quasi tutte le città del nord, soprattutto nelle aree a maggioranza mussulmana o sikh, è facile trovarlo in diversi tipi di ristoranti che lo propongono a vari prezzi.
Sempre più diffusi sono anche i banchetti che preparano il pollo ricoperto con la classica speziatura tandoori arancione, ma invece che cotto nel forno viene fritto: ricetta poco salutare ma decisamente gustosa.
Il pesce invece sta guadagnando popolarità grazie anche a redditizi allevamenti, che stanno diventando sempre più popolari a livello locale, come nella regione di Benares per esempio, dove sono sempre di più le riserve d’acqua dedicate alla riproduzione dei pesci, raggiungendo molteplici utili scopi: promuovere l’occupazione nelle campagne, produrre ottimo cibo, nonché salvaguardare le riserve idriche.

Infine l’ampissimo capitolo dolci, dalla lattosa e iperzuccherina pasticceria classica indiana, a più delicate ricette eseguibili anche a casa, fino a dolci “occidentali” come torte, biscotti e gelati.
L’eccessivo consumo di zucchero da parte dell’indiano medio è sicuramente poco salutare, ma grazie all’offerta molto varia, chiunque si può permettere la sua dose giornaliera di dolcezza, chiaramente in base alle tasche, sotto forme più o meno saporite.
Gli ingredienti principali della pasticceria tradizionale indiana sono il latte ed i suoi derivati, mandorle, anacardi, pistacchi, cocco, essenza di rosa e talvolta pregiato zafferano.
Ovviamente non manca lo zucchero, in forme più o meno raffinate, come ad esempio il diffusissimo gur, un tipo di jaggery (zucchero non raffinato) tipico del subcontiente indiano.
Tra le preparazioni casalinghe, molto apprezzato e piuttosto diffuso è il kheer, un gustoso risolatte a cui vengono aggiunti scaglie di anacardi, mandorle e pistacchi, uvetta, cardamomo e qualche filo di zafferano.

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