Grazie alle sue caratteristiche
peculiari, unite ad una notevole varietà, la cucina indiana sta riscuotendo un
sempre crescente successo internazionale.
Il fenomeno di diffusione prende le
sue orgini dalla massiccia emigrazione indiana che ha ormai raggiunto ogni
angolo del pianeta, permettendo quindi a persone molto distanti fisicamente
dall’India di fare la piacevole conoscenza della sua cucina.
Oggigiorno parole come chai, chapati,
masala dosa, pakora, chicken tandoori, sono piuttosto
conosciute in molti paesi, seppur sia facile immaginare come il cibo servito
nei ristoranti all’estero sia ben diverso da quello che mangia quotidianamente
la maggior parte degli indiani, sia a casa che nelle diffuse ed economiche
tavole calde, detti dhaba.
Sebbene le ricette siano le stesse, e
seguite più o meno fedelmente, le differenze più grandi si riscontrano
principalmente nella varietà dei piatti, nonché nella qualità e quantità degli
ingredienti.
Date le note difficoltà economiche
degli indiani, i loro pasti sono quindi estremamente semplici comprendendo
brodo di lenticchie, verdure speziate, pane (http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/pane-indiano.html)
e/o riso, ben lontani dai ricchi menù dei ristoranti indiani in occidente.
Per cercare di affrontare l’argomento
senza compilare un lungo elenco di ricette e ingredienti, prendiamo come
esempio il dal, le onnipresenti lenticchie.
Intanto esistono numerosissimi tipi di
lenticchie: gialle (divise a loro volta in numerose “sottospecie”), rosa, verdi,
marroni, nere, e per ognuna di loro vi sono diversi utilizzi in ambito culinario.
I piatti più comuni in cui le
lenticchie sono l’ingrediente principale sono 3: il plain dal, il dal
fried e il dal makhani.
Il plain dal è un brodino di piccole
lenticchie gialle (vigna radiata) divise a metà, cotte nella pentola a
pressione insieme a polvere di curcuma e sale; una volta ammorbidite vanno
aggiunti semi di cumino e aglio saltati in un po’ d’olio, preferibilmente di
semi di senape, molto saporito.
Questa è la ricetta più semplice e
comune, che risultando molto liquida viene accompagnata sempre dal riso, insieme
a qualche verdura speziata saltata in padella; per la maggior parte degli
indiani questo è il cibo quotidiano, consumato, possibilmente, almeno due volte
al giorno.
Per quanto riguarda le differenze di
preparazione, in genere il rapporto lenticchie-acqua è di 1 a 3, ma purtroppo critiche
esigenze economiche portano spesso ad aumentare la parte di acqua, diminuire la
polvere di curcuma, nonché il numero dei semi di cumino e sparire l’aglio, con
risultati facilmente prevedibili.
La seconda ricetta di lenticchie più comune è il dal fried, in cui si segue la
preparazione del suddetto plain dal per quanto riguarda la bollitura, al
termine della quale le lenticchie vengono però fatte saltare in padella,
insieme a un soffritto di aglio, cumino, zenzero, mistura di spezie, coriandolo
fresco e l’aggiunta di qualche pezzettino di cipolla e pomodoro.
Dati i non eccessivi costi degli
ingredienti, e la facile preparazione, pure questa ricetta non è limitata ai
ristoranti, ma viene cucinata abbastanza comunemente anche nelle famiglie.
Le lenticchie migliori sono quelle
gialle divise a metà, ma di una misura più grande di quelle del plain dal,
mentre, come accompagnamento, data la consistenza più densa, è meglio il pane, piuttosto
del riso.
La terza ricetta in cui le lenticchie
sono l’ingrediente principale, è il dal makhani, dove makhani vuol dire burro.
Il procedimento segue quasi alla
lettera quello del precedente dal fried, a parte l’utilizzo del burro invece
dell’olio e di lenticchie più consistenti di quelle gialle, come quelle marroni
o nere, magari intere.
A causa del maggior costo, sia delle
lenticchie che del burro rispetto all’olio, questa ricetta, a livello domestico,
è piuttosto rara, e comune solo presso i benestanti abitanti del Punjab, luogo
d’origine della ricetta proprio grazie alla maggior reperibilità degli
ingredienti.
Lo stesso discorso delle lenticchie si
può fare anche riguardo il pane e il riso, che possono variare notevolmente in
base alla qualità.
Il pane indiano in realtà è solo acqua
e farina, ma anche la semplice qualità della farina può creare delle differenze
notevoli (da quella più economica viene fuori del pane piuttosto duro e
“grumoso”), mentre riguardo al riso esistono numerose tipologie per tutte le
tasche, da un economicissimo riso piccolo e spezzettato, a costosissimi basmati
dai chicchi lunghi un centimetro; inutile dire qual è quello usato maggiormente
dagli indiani...
I piccanti intingoli di verdure, oltre
alla qualità dei prodotti, dipendono soprattutto dalle stagioni, seppur nella
maggior parte dei casi la base sia costituita dalle umilissime patate.
La ricotta, decisamente più
consistente delle verdure, purtroppo sta diventando sempre più un lusso, visti
i costi che sta raggiungendo negli ultimi tempi, specialmente durante i periodi
dei matrimoni, quando la maggior richiesta di latticini fa schizzare i prezzi
alle stelle.
Per quanto riguarda invece il consumo
di carne o pesce, oltre a varie restrizioni religiose (che per esempio ne
vieterebbero il consumo da parte della alta casta dei bramini e da quasi tutte
le persone religiose), è chiaro come sia regolato, come la ricotta, fondamentalmente
dal costo piuttosto elevato.
I recenti progressi economici
dell’India, che piano piano iniziano ad interessare una percentuale sempre
maggiore di abitanti, stanno però rendendo il consumo di carne e pesce sempre
più comune, seppur chiaramente sia ben lontano dall’uso quasi eccessivo che se
ne fa nelle altre cucine internazionali.
Nonostante siano numerose le ricette
in cui viene utilizzata la carne, in genere nelle case indiane si tratta di
intingoli molto speziati, con pollo, più raramente montone o pesce.
Il classico pollo tandoori non viene
cucinato a livello domestico per la mancanza del forno adatto, chiamato appunto
tandoori, ma in quasi tutte le città del nord, soprattutto nelle aree a
maggioranza mussulmana o sikh, è facile trovarlo in diversi tipi di ristoranti
che lo propongono a vari prezzi.
Sempre più diffusi sono anche i
banchetti che preparano il pollo ricoperto con la classica speziatura tandoori
arancione, ma invece che cotto nel forno viene fritto: ricetta poco salutare ma
decisamente gustosa.
Il pesce invece sta guadagnando
popolarità grazie anche a redditizi allevamenti, che stanno diventando sempre
più popolari a livello locale, come nella regione di Benares per esempio, dove sono
sempre di più le riserve d’acqua dedicate alla riproduzione dei pesci,
raggiungendo molteplici utili scopi: promuovere l’occupazione nelle campagne,
produrre ottimo cibo, nonché salvaguardare le riserve idriche.
Infine l’ampissimo capitolo dolci,
dalla lattosa e iperzuccherina pasticceria classica indiana, a più delicate
ricette eseguibili anche a casa, fino a dolci “occidentali” come torte,
biscotti e gelati.
L’eccessivo consumo di zucchero da
parte dell’indiano medio è sicuramente poco salutare, ma grazie all’offerta
molto varia, chiunque si può permettere la sua dose giornaliera di dolcezza, chiaramente
in base alle tasche, sotto forme più o meno saporite.
Gli ingredienti principali della pasticceria
tradizionale indiana sono il latte ed i suoi derivati, mandorle, anacardi,
pistacchi, cocco, essenza di rosa e talvolta pregiato zafferano.
Ovviamente non manca lo zucchero, in forme
più o meno raffinate, come ad esempio il diffusissimo gur, un tipo di jaggery
(zucchero non raffinato) tipico del subcontiente indiano.
Tra le preparazioni casalinghe, molto
apprezzato e piuttosto diffuso è il kheer, un gustoso risolatte a cui
vengono aggiunti scaglie di anacardi, mandorle e pistacchi, uvetta, cardamomo e
qualche filo di zafferano.
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