La lingua ufficiale del Nepal è il nepali,
parlato a livello mondiale da circa 17 milioni di persone (di cui 11 milioni in
Nepal), riconosciuto come ufficiale anche in India, in quanto predominante
nello stato montano del Sikkim, ed è molto diffuso in Bhutan, dove viene chiamato
lhotshampa ed è parlato da circa un quarto della popolazione.
Linguisticamente fa parte della famiglia
indoariana e deriva dal sanscrito, dal quale ha ereditato anche la scrittura
devanagari.
Il nome originale, o quantomento il
primo con cui venne definito il nepali, è khaskura, la lingua dei khas,
l’etnia che originariamente abitava la zona occidentale del Nepal.
Circa 500 anni fa, una delle più
nobili famiglie di questa etnia si stabilì nella città di Gorkha, dove nel 1743
nacque il Re Prithvi Narajan Shah che fu colui il quale, verso la fine del
XVIII secolo, unificò dapprima la Valle di Katmandu e quindi tutti i principati
nepalesi.
Questo spiega anche un altro dei nomi
storici del nepali, che da quel periodo fu chiamata gorkhali, cioè la
lingua degli abitanti di Gorkha.
Che divenne quindi la lingua ufficiale
dell’amministrazione nepalese, a discapito di tutti gli altri idiomi parlati
nel paese, soprattutto l’antica e diffusa lingua newari, parlata
dall’omonima etnia originaria della Valle di Katmandu.
Come la dinastia Shah, anche la
successiva dinastia Rana, che durò poco più di cent’anni tra il 1846 e il 1950,
continuò la politica di promulgazione del nepali e la soppressione delle altre
lingue, che fu interrotta brevemente durante i dieci anni di “democrazia”, tra
la fine della dinastia Rana ed il ritorno al trono di Re Tribhuvan della
dinastia Shah.
Dopodiché, cercando di creare
un’identità nazionale nepalese, fu promulgata una controversa politica chiamata
“Una nazione, una sola lingua” (Ek desh, ek bhasha niti) che ha continuato la
soppressione delle altre lingue regionali, per favorire il khaskuri-gorkhali-nepali,
proibendone l’utilizzo nei documenti ufficiali e soprattutto nelle scuole e nei
mezzi di informazione.
La situazione è iniziata a cambiare
solo grazie ai recenti sviluppi politici, che hanno avvicinato il paese alla
democrazia, curiosamente anche grazie ai Maoisti, che si sono sempre schierati
a favore del riconoscimento delle minoranze etniche e linguistiche.
Tra le lingue che più hanno sofferto questa
discrimanzione, vi è la già citata newari, la lingua anticamente dominante
nella Valle di Katmandu, che tecnicamente non fa parte della famiglia
indoariana, bensì di quella sino-tibetana, seppur sia l’unica lingua di questa
famiglia scritta nei caratteri indiani devanagari.
L’antichità è testimoniata, oltre dal
fatto di essere la lingua dell’originale etnia nepalese dei newari, anche dall’etimologia
stessa della parola Nepal, e quindi di tutti i vocaboli da essa derivati, in
quanto risulta essere una storpiatura proprio di newar, nome col quale, come
abbiamo visto, veniva definita l’etnia, la lingua e anche la zona dove vivevano,
cioè la Valle di Katmandu, che poi per esteso ha dato il nome a tutto il paese.
Al momento la lingua newari sta
vivendo una nuova rinascita, anche grazie ad un attivo movimento culturale, che
ha cambiato il nome ufficiale in nepali bhasha, che vuol dire lingua nepalese,
e seppur questo crei qualche frainteso con la lingua nepali, sembra in qualche
modo riconoscerne la più antica origine e l’importanza storica.
Purtroppo però i danni al newari durante
gli anni di soppressione hanno ridotto drasticamente il numero di persone che
parlano tale lingua, che al momento rappresentano solo il 3,9% del totale del
paese.
Tornando invece al nepali, la sua
relazione con le altre lingue indiane derivanti dal sanscrito è evidente grazie
ad una terminologia estremamente simile, per cui non è troppo avventato
affermare che l’hindi e il nepali, stiano tra loro come l’italiano e lo spagnolo.
La differenza più grande è data dalla
quasi totale assenza di vocaboli derivanti dalla tradizione mussulmana nel nepali,
mentre invece essi abbondano nell’hindi.
Il Nepal infatti non fu mai sottomesso
dai mussulmani e la lingua ha conservato un maggior numero di vocaboli
derivanti direttamente dal sanscrito, grazie al quale può vantare varie
similitudini con un’altra diffusissima lingua asiatica, il bengalese,
soprattutto quello parlato in India nello stato di Kolkata (Calcutta), il West
Bengal.
Terminiamo quindi con una panoramica
delle lingue più diffuse in Nepal, come riportato dalla pagina inlgese di
Wikipedia.
Il 48% dei nepalesi è di madrelingua nepali;
il 12,3% parla invece maithili, un’antica lingua indiana molto diffusa
nella zona a nord della pianura gangetica (quindi anche il Nepal meridionale);
il 7,5% dei nepalesi parla la lingua bhojpuri, per la quale vale lo stesso
discorso del maithili; il 5,6% è di lingua tharu, nome della diffusa
omonima etnia abitante le pianure meridionali del Terai; il 5,1% parla tamang,
da un’etnia tibetano-birmana di religione buddista, che risulta quindi essere
la lingua buddista più diffusa del Nepal.
Il 3.9% dei nepalesi è quindi di
lingua newari, di cui abbiamo già detto; il 3,3% magar, dall’omonima etnia
tibetano-birmana, stabilitasi nelle colline nepalesi; quindi il 2,4% parla awadhi,
lingua indiana simile per storia a maithili e bhojpuri, ma geograficamente più
occidentale; l’1,4 parla limbu, la lingua dell’etnia omonima, di origine
tibetano-birmane, che segue una peculiare religione sciamanica.
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