La tipica colazione indiana, come del
resto in gran parte del mondo, è ben diversa da quella classica italiana, caffè
o cappuccino e brioche, e prevede pietanze salate, che in India vuol dire
speziate e piccanti, seppur accompagnate dal sempre presente zuccheroso chai
(thé, di cui discuteremo nel dettaglio a proposito delle bevande).
Le tre pietanze tipiche della
colazione del nord del paese sono: paratha, puri-sabgi e cholle-bathura,
a cui aggiungiamo il bati chokha, caratteristico di paesi e campagne ma
diffuso anche in città.
Di solito vengono proposte da negozi
di dolci, dhaba (economici ristoranti-tavola calda) e ristoranti veri e
propri, ma vengono chiaramente preparati anche da vari banchetti, i bati chokha
esclusivamente su bancarelle.
Sono anche diffuse tra le mura
domestiche, in particolare le paratha, piuttosto pratiche da preparare.
Paratha
Le paratha (talvolta parantha) sono
dei pani piatti, farciti di verdure, simili agli altri tipi di pane indiano non
lievitato, quali i comunissimi chapati.
La farina utilizzata per la pasta è la
tipica farina indiana di grano integrale chiamata atta.
Questa viene impastata insieme ad
acqua e un po’ d’olio o ghee (burro
chiarificato), ma niente sale, come nella maggior parte dei pani indiani.
Una volta pronta la pasta se ne
produce una sfera, delle dimensioni di una palla da tennis, che viene incavata
per inserire un pugnetto di ripieno e richiusa.
Viene quindi appiattita tramite un
mattarello e messa a cuocere su una piastra, spennellando da entrambi i lati
olio o ghee per creare una croccante crosticina.
Il ripieno più comune è quello di
patate bollite, mischiate insieme a qualche pezzo di cipolla e speziate con qualche
foglia di coriandolo fresco oltre ad aglio e zenzero e l’immancabile
peperoncino.
Chiaramente esistono varie versioni
con ingredienti diversi, quali cavolo, pomodori e ricotta, nonché numerose
varianti regionali, ma quella con le patate è la più semplice, quindi la più
diffusa sulle bancarelle mobili.
Sia la pasta che il ripieno possono
essere preparati in anticipo e ai venditori non servono altro che un po’ di
spazio per tagliere e mattarello, e per la piastra dove cuocere.
Insieme alle paratha, a parte, vengono
di solito servite delle verdure in semplici brodini speziati e una cucchiaiata
di pickle (verdura o frutta sottolio piccante), talvolta anche un pochino di
yoghurt.
Nei banchetti più semplici, piuttosto
che niente, le paratha sono accompagnate da ketch-up e un’altra salsa simile,
di colore verde, chiamata semplicemente chilly
sauce, a base quindi di peperoncino.
Puri-sabgi
La colazione più diffusa nelle strade
del nord dell’India è il puri-sabgi, che indica dei piccoli pani rotondi
fritti, i puri, e uno stufato di verdure, sabgi.
Di solito gli specialisti dei puri-sabgi
sono i negozi di dolci, che aprono alla mattina presto proprio per proporre
questa gustosa pietanza, seppur un tantino pesante per stomaci non avvezzi a risvegliarsi
in questo modo.
Nella maggior parte dei casi cucinano
all’aperto e servono il cibo o in minucoli e tetri locali, o su traballanti
panchine di fronte al negozio, quindi rientrano ampiamente nella categoria del
cibo di strada.
Comunque, anche i venditori che
utilizzano banchetti su ruote non hanno bisogno di grandi strumenti per potersi
appostare in zone strategiche e sfornare pane fritto a volontà.
La farina utilizzata per la pasta dei
puri è la atta, che viene impastata con acqua e l’aggiunta di un po’ d’olio o
ghee, e sale.
Tra le spezie possono essere presenti foglie
di coriandolo e semi di carum ajowan,
erba del vescovo, dal sapore simile al timo.
Preparate delle piccole palline,
vengono tirare col mattarello per farne dei dischetti piuttosto spessi che vengono
immersi in gigantesche pentole, tipo wok, piene di olio bollente, a contatto col
quale si gonfiano, vengono girati e tolti dopo pochi minuti.
Le verdure che vengono accompagnate
dai puri rientrano nella vasta categoria dei curry misti, seppur abbiano
caratteristiche leggermente diverse da quelli che vengono preparati per pranzo
e cena.
In particolare tendono ad essere più
liquidi e leggermente meno speziati, seppur non meno piccanti.
Gli ortaggi più comuni, base del
misto, sono le versatili patate, alle quali vengono aggiunte altre verdure
leggere, comuni ed economiche.
Nella maggior parte dei casi si tratta
di ortaggi locali che raramente compaiono nei più noti piatti dei ristoranti,
quindi si ha la possibilità di assaggiare qualche verdura inusuale.
Il lochi,
frutto della pianta lagenaria longissima,
è una zucca verde (in italiano detta zucca da pergola), dalla polpa bianca e
poco saporita che però si sposa perfettamente con i leggeri curry del mattino.
Altro ortaggio spesso presente sono i parwal, frutti, o forse più precisamente
bacche, di piante del genere trichosantes,
che non sono tra le verdure più amate, per il debole gusto dolciastro e la
consistenza irregolare dovuta alla buccia resistente, la polpa morbida e i
grandi semi duri. Sono però ˆcomunissime poiché molto economiche, presenti sul
mercato tutto l’anno e qualche fettina in un misto di verdure non fa certo
male.
Più gradita è di solito la presenza di
fagiolini, tra i vari tipi i più diffusi sono i bora, lunghi bacelli della pianta dolichos lablab, chiamati in italiano fagiolini egiziani.
Altri tipi di zucca e tuberi trovano
facilmente posto nei misti di verdure del mattino, come pure le diffusissime
civaie (legumi), soprattutto ceci e piselli.
Nelle misture più ricche, di solito
preparate alla Domenica quando la clientela è maggiore, compaiono anche
apprezzati bocconcini di semi di soia e talvolta pezzetti di ricotta, seppur i
curry cucinati per essere serviti per strada siano di solito piuttosto poveri.
In generale quindi puri-sabgi è una
combinazione molto saporita anche se, nel mangiarlo per strada, vi siano degli
evidenti problemi pratici.
Di solito infatti la porzione tipica è
composta da un mestolo di verdure roventi, servite in coppini di sottile
plastica o addirittura fragilissime foglie secche, insieme a quattro puri,
anche questi bollenti e impilati su un piattino di carta; se si è fortunati, è
possibile sedersi su una scomoda panchina o un traballante sgabello, altrimenti
si consuma in piedi.
Mai come in questi casi si sente la
necessità di possedere alcune delle caratteristiche tipiche delle divinità
indù, quali il nutrirsi con lo sguardo o l’essere muniti di più arti superiori.
I praticissimi indiani riescono
nell’apparentemente impossibile manovra di estrarre un puri dalla pila,
strapparne un pezzetto e immergerlo nell’intingolo, per pescarne qualche tocco
di verdura, ma spesso anche loro hanno bisogno di sedersi o appoggiarsi da
qualche parte.
Per fortuna, con l’avanzare della
modernità, sovente i banchetti sono muniti di uno stretto ripiano sul quale far
appoggiare i clienti, seppur si rimanga sempre in piedi e lo spazio sia
ridottissimo.
La soluzione migliore, adottata anche
dagli abitanti locali, è quella di farsi impacchettare il tutto per andare a
consumarlo comodamente a casa.
Ultimo particolare riguardo al
puri-sabgi è l’accoppiamento con i jalebi,
un dolce a base di farina maida, una farina tipica indiana più fine
della comune atta, impastata con acqua, che viene preparato nello stesso
identico olio che serve per friggere i puri.
Quando la richiesta di puri rallenta
un poco, utilizzando un panno pieno della pasta per jalebi, vengono eseguiti
dei semplici movimenti circolari, facendo colare lentamente uno spesso filo di
pasta che al contatto con l’olio bollente si solidifica in complicati ghirigori
che in pochi secondi raggiungono una vivace doratura.
Vengono quindi estratti dall’olio ed
immersi per circa un minuto dentro a zucchero liquido, spesso aromatizzato alla
rosa, dopodiché vengono scolati e sono pronti per essere serviti.
Caldi sono particolarmente buoni
poiché più saporiti e leggeri, ma in ogni caso, come deducibile dal processo di
preparazione, risultano essere molto zuccherosi.
Pur non essendo scomodi come il
puri-sabgi, i jalebi, essendo ricoperti dall’appiccicoso zucchero liquido,
tendono a ungere le mani di una sostanza paragonabile ai più potenti collanti.
La tecnica sopraffina degli indiani
prevede di utilizzare solo le due ultime falangi di pollice e indice, che
verranno poi pulite semplicemente inserendole nell’orifizio orale.
Dei micro-negozi specializzati in
jalebi si trovano a circa metà del Main Bazar di Paharganj, la strada turistica
di Delhi situata di fronte alla stazione ferroviaria New Delhi.
Oltre alla versione classica a base di
farina maida, vengono preparate anche jalebi a base di farina di ceci.
Cholle Bathure
La pietanza cholle-bhature può essere
considerata una versione di lusso del puri-sabgi ed è composta da dei grandi
pani fritti chiamati bhature e un intingolo speziato a base di ceci, cholle.
La farina utilizzata per i bhature è
quella di maida, mischiata insieme ad acqua, olio o ghee, yoghurt, sale e
lievito, quest’ultimo raramente presente nella preparazione dei pani indiani tipicamente
azzimi.
La pasta, molto unta, viene appiattita
col mattarello in dischi larghi ma sottili, che una volta immersi nell’olio
bollente si gonfiano come dei piccoli palloni.
I ceci del curry sono di solito quelli
della cultivar di piccole dimensioni dalla buccia marrone ma talvolta vengono
utilizzati anche quelli più grandi gialli.
Il curry è il classico chana masala (da chana, altro
nome per i ceci) seppur l’intingolo che viene accompagnato dai bhature a colazione
è di solito più leggero delle pietanza chana
masala servita a pranzo o cena.
Come accompagnamento si sposano
perfettamente qualche scaglia di cipolla cruda e una cucchiaiata di pickle.
Se consumare puri-sabgi per strada è
un’attività scomoda che richiede notevole esperienza, riuscire a mangiare i
cholle-bhature senza ungersi da capo a piedi è una missione impossibile e i
banchetti che li propongono non mancano di offrire un ripiano su cui
appoggiarsi o un posto dove sedersi.
Personalmente, sfruttando una
bancarella che per lungo tempo stazionava sotto casa nostra, ci facemmo spesso
impacchettare quattro bhature e un sacchettino di curry di ceci per poterli
consumare con calma nella nostra cucina, senza mancare di ungere praticamente
qualunque oggetto nelle nostre vicinanze.
Bati chokha
Il bati chokha è una specialità la cui
origine sembrano essere le zone semi-desertiche o caratterizzate da frequenti
periodi di siccità, perché nella sua preparazione è richiesta poca acqua e un
uso limitato di utensili.
Il nome della pietanza deriva dai bati,
che sono delle specie di pani rotondi, delle dimensioni di una pallina da
tennis, composti esternamente da una pasta di farina atta che racchiude
all’interno della farina sattu, prodotta da ceci tostati, mischiata con qualche
pezzettino di cipolla, peperoncino e coriandolo freschi, semi di carum ajowan e
sale.
Una volta prodotte queste palline
vengono messe ad abbrustolire su una griglia posizionata sopra dei primordiali
forni portatili ricavati da contenitori metallici rettangolari, in genere
vecchie latte d’olio, e ricoperti di terra.
Rigirandoli di tanto in tanto, in
pochi minuti questi panini sferici si abbrustoliscono esternamente creando una
crosta croccante, mentre all’interno si cuoce leggermente l’impasto di farina
di ceci tostati.
Il chokha è un puré di patate e
melanzane abbrustolite, che vengono anche loro cotte sulla griglia, mischiate
ad aglio, zenzero e peperoncino fresco; talvolta è presente qualche apprezzatissimo
pezzettino di pomodoro.
Un paio di cucchiaiate di questo puré
vengono versate su un semplice piattino di foglie, insieme ad un po’ d’olio
aromatizzato al peperoncino, alcune scaglie di cipolla cruda e un peperoncino
fresco, per essere sicuri che il cliente non si lamenti del poco piccante...
Nonostante la semplicità è un piatto
molto gustoso, consistente, visto che in genere se ne mangiano due palline, ed
economico, seppur, dato che l’ingrediente principale è il peperoncino, risulti
essere estremamente piccante.
Può essere utile fermare i venditori
prima che aggiungano l’olio, rifiutare il peperoncino fresco e cercare di
eliminare almeno i pezzi più grandi tra le patate e la farina.
Rispetto ai tre piatti descritti in
precedenza, il bati chokha viene servito esclusivamente per strada e non è
neppure troppo difficile da consumare, specialmente se seduti.
D’inverno, durante il quale nelle case
ci si scalda spesso con improvvisati forni a legna simili a quelli utilizzati
dai banchetti di bati chokha, questo piatto è molto apprezzato anche nelle
abitazioni private.
In questi casi il semplice puré di
patate viene spesso sostituito dalla nota pietanza baigam bharta, a base di melanzane abbrustolite e schiacciate,
cipolle, peperoncino, aglio, zenzero e coriandolo fresco, preferibilmente
cucinati nel gustoso e sostanzioso olio di semi di senape.
Molto comune tra le mura domestiche o
in situazioni d’emergenza è l’abbrustolire i bati direttamente nella cenere.
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