Nonostante il Nepal sia un
paese di dimensioni ridotte (con una superficie circa la metà dell’Italia) e
privo di sbocchi sul mare, la cultura nepalese risulta essere piuttosto varia,
grazie principalmente a due fattori.
Il primo sono le numerose
etnie che compongono la popolazione (di nuovo circa la metà dell’Italia), che
nell’arco dei secoli si sono insediate nei territori che oggi formano il Nepal.
Il secondo fattore che
favorisce la ricchezza culturale nepalese è la vicinanaza con altre due culture
anch’esse molto antiche e complesse come quella cinese ed indiana.
Queste influenze sono evidenti
in molti aspetti della vita nepalese, tra i quali chiaramente anche la cucina.
In realtà parlare di
ricercatezze culinarie in Nepal può sembrare ironico, se non proprio
sarcastico, viste le ancora numerose aree del paese flagellate da una
malnutrizione cronica.
Coloro i quali vivono in zone
più favorevoli hanno comunque i loro problemi e si possono ritenere fortunati
se riescono a consumare almeno due pasti al giorno.
Pasti che chiaramente non
hanno nulla a che vedere con gli elaborati menù dei ristoranti turistici, bensì
consistono nel cosiddetto piatto nazionale nepalese, dal-bhat-tarkari
(abbreviato in dal-bhat), brodo di lenticchie, riso e verdure, che in realtà è
il cibo di cui si nutrono quasi tutti gli abitanti dell’intero subcontinente
indiano.
Le numerose varianti regionali
e locali non sono di certo dovute a particolari ricercatezze o raffinatezze
culinarie, ma dipendono dalla disponibilità degli ingredienti, in base a
posizione geografica e stagione.
Bisogna notare però che il
brodo di lenticchie nepalese è più ricco e gustoso di quello tipico indiano e
le verdure, potendo contare anche su prodotti collinari, leggermente più varie
e saporite.
L’utilizzo del riso, invece
che del pane come nel vicino nord dell’India, deriva dalla scarsità di aree
coltivabili a farinacei, dovuta al territorio in gran parte collinare, e ad una
minor influenza culturale mussulmana.
I tipici terrazzamenti
himalayani vengono dedicati principalmente al riso, seppur in realtà la
produzione nazionale non raggiunga la richiesta ed il Nepal è costretto ad
importare anche il riso, soprattutto dall’India.
Una diffusa alternativa
all’altrimenti monotono dal-bhat sono i noodles istantanei con i quali
preparare veloci zuppe o i chowmein, cioè spaghetti di riso saltati in
padella con verdure e/o carne ed olio di soia.
I chowmein in particolare sono
molto apprezzati grazie ad alcune semplici caratteristiche: i prezzi modici, per
la presenza sul mercato di numerose marche che producono pacchettini
disponibili per poche rupie; la facile reperibilità degli ingredienti, oltre
agli spaghetti di riso, bastano qualche pezzetto di carota, verza, cipolla o
peperone, e una spruzzzata di olio di soia; la semplice e veloce preparazione,
che rispetto a lenticchie, riso e verdure, ha quindi anche il grande vantaggio
di richiedere un minor utilizzo di prezioso combustibile.
Per rendere il piatto un
tantino più sostanzioso ed appetitoso è diffuso l’utilizzo di uova, sotto forma
di striscie di omelette, o qualche pezzetto di carne, in particolare pollo,
seppur nessuna tipologia di carne si sposi particolarmente bene con gli
spaghetti di riso nepalesi.
Per finire il trittico delle
pietanze più diffuse in Nepal, veniamo ai momo, la gustosa versione
nepalese dei ravioli tibetani.
Rispetto a dal-bhat e noodles,
che sono diffusissimi sia tra le mura domestiche che in ogni tipo di
ristorante, i momo difficilmente vengono cucinati in casa, a causa della non
proprio praticissima preparazione, ma vengono serviti da onnipresenti
bancarelle, da numerosi piccoli locali specializzati, nonché proposti in quasi
tutti i ristoranti più costosi; questo garantisce che un piattino di momo caldi
se lo possano permettere quasi tutti, a prescindere dalla condizione economica.
La cottura prevede l’utilizzo
della mucktoo, la pentola per i momo, composta da un’ampia base dove
viene messa a bollire l’acqua e sopra alla quale vengono disposti uno sopra l’altro
2-3 vassoi bucherellati, dentro ai quali sono posizionati i ravioli, che si
cuociono quindi grazie al vapore acqueo.
Normalmente vengono serviti
semplicemente insieme ad una salsina piccante, di solito a base di pomodoro, ma
è anche piuttosto diffusa ed appetitosa la versione fritti, che prevede, dopo
la cottura al vapore, l’immersione in abbondante olio bollente fino a fargli
raggiungere una croccante doratura.
In una versione leggermente
più ricercata, i momo vengono chiamati kothey ed hanno la particolarità
che una volta estratti dalla mucktoo, vengono fatti scottare in una padella per
donare ad un lato del raviolo una sottile e fragrante crosticina.
Venendo agli ingredienti,
nonostante se ne possano creare varie tipologie, i momo più diffusi sono essenzialmente
due: di bufalo e di verdure.
La carne di bufalo tritata,
insieme ad un po’ di cipolla e spezie, si sposa perfettamente come ripieno dei
momo, grazie al fatto che durante la cottura la carne rilascia una parte di
liquido-grasso che favorisce l’amalgamento dei sapori all’interno del raviolo.
Questa appropriata
combinazione rende i buff-momo talmente gustosi che la versione fritta, invece
di esaltarne ulteriormente i sapori, li rende semplicemente più pesanti, oltre
che chiaramente anche meno salutari.
Seppur non sembrino esistere
regole molto rigide in proposito, i buff-momo di solito sono tondeggianti e
mangiabili in un paio morsi.
La versione vegetariana
prevede un ripieno di verdure (carote, verza, rapa e peperone le più diffuse)
speziate e tagliate alla julienne, e solitamente sono confezionati a forma di
mezzaluna.
Data la semplicità degli
ingredienti, nei veg-momo acquisisce una maggior importanza la salsina di
accompagnamento, ma per variare o renderli più saporiti è valida l’alternativa
fritti, con la frittura che dona alle verdure un minimo di carattere e
consistenza.
Per quanto riguarda altre
versioni: oltre a quella di bufalo, è possibile utilizzare la carne tritata di
altri animali, ma nessuna si sposa bene come quella di bufalo, che in Nepal è
anche di gran lunga la più diffusa ed economica.
In alcune zone di montagna ed
in qualche ristorante turistico compaiono spesso dei cheese-momo, la cui idea
non sarebbe male, ma il cui risultato è invece piuttosto insipido a causa della
scarsa qualità del formaggio utilizzato.
Ripieni di patate e/o paneer
(ricotta), potrebbero essere una valida alternativa, ma richiedono un minimo di
maestria da parte del cuoco per evitare di produrre dei bocconcini soffocanti.
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