C’era una volta una
coppia che per molti anni pregò il signore Shiva prima di essere benedetta con
un figlio.
Quando il padre,
che era l’astrologo di corte, fece l’oroscopo del figlio, fu inorridito
nell’apprendere che il ragazzo sarebbe morto nel giorno del suo nono
compleanno, dopo aver pagato ai suoi genitori la somma di centomila rupie.
Questo era il rnanubandhana
(la relazione karmica) tra il ragazzo ed i suoi genitori, la ragione per cui
era nato in quella famiglia.
Il padre rimase
pure perplesso: da dove avrebbe potuto prendere una somma simile un bambino di
nove anni?
L’assurdità della
situazione lo rassicurò un poco ma, per essere ancora più sicuro, non permise
quasi mai al figlio di uscire di casa, neppure per andare a scuola, così che
non potesse in alcun modo guadagnare del denaro.
Tuttavia il ragazzo
imparò inevitabilmente un po’ di astrologia, poiché suo padre era un esperto e
la gente andava regolarmente a consultarsi con lui.
Per scongiurare
ogni eventualità, l’uomo ammoniva continuamente la moglie dicendole di non
accettare mai nulla da loro figlio e lei lo rassicurò sempre che non l’avrebbe
fatto.
Quando mancavano
solo tre giorni al nono compleanno del figlio il padre pensò “Passato questo
periodo la congiunzione astrale pericolosa non si presenterà più per almeno
cent’anni e non ci sarà da preoccuparsi”.
Un giorno prima,
mise ancora in guardia la moglie, ma non si accorse che stava già vivendo
un’illusione.
Mahakala, la morte,
possiede sempre le sue vittime sei mesi prima del tempo prefissato per la morte
e fa sì che l’individuo compia le azioni che la causeranno nei tempi e nei modi
prescritti. E anche in questo caso non andò diversamente.
La moglie del Re di
quel paese era rimasta finalmente in cinta, dopo anni di sterilità.
Poco prima del
felice evento, il figlio dell’astrologo stava passeggiando nel giardino del
palazzo, quando vide la moglie di un giardiniere raccogliere fiori.
Con tutta la sua innocenza
infantile le chiese “Dove stai andando con tutti questi fiori?”.
Lei rispose “Servono
per decorare la camera da letto della Regina, che sta per partorire”.
“Vengo con te”,
propose il ragazzo.
“Non puoi, solo
alle donne è permesso entrare”.
“Fammi mettere un
sari così che anch’io possa entrare”, e la guardò così teneramente che fu
costretta ad acconsentire.
In realtà Mahakala
aveva preso possesso del bambino ed era Lui che le dava ordini, altrimenti la
moglie del giardiniere non avrebbe mai osato portarlo con sé, conoscendo la
dura punizione che avrebbe ricevuto se fosse stata scoperta.
Così andarono al
palazzo come madre e figlia.
Là, proprio nel
momento in cui la Regina stava partorendo, il ragazzo, ispirato da Mahakala,
prese un rametto e scrisse sul muro, con la saliva rossa dal paan che stava
masticando “Questo bambino supererà il padre in ogni campo e vivrà per
centoventicinque anni”.
Quindi lui e la
moglie del giardiniere uscirono.
Pochi minuti dopo
la nascita, arrivarono gli astrologi, guidati dal padre del ragazzo, e quando
fecero l’oroscopo furono tutti d’accordo “Se mai il padre dov’esse vedere il
volto di questo bambino morirà immediatamente”.
Udita la notizia,
il Re, che non poteva permettersi di morire senza un erede lasciando il regno
allo sbando, chiamò due macellai e gli ordinò di portare lontano il bambino ed ucciderlo.
La regina era
addolorata, ma si consolò al pensiero che suo marito sarebbe vissuto ancora e
lei avrebbe potuto avere altri bambini.
Portato il neonato
nella foresta, i due macellai si dissero “Che cosa avrà mai fatto questo
bambino per essere ucciso il giorno stesso in cui è nato?”.
Non riuscirono quindi ad ucciderlo, ma lo lasciarono
sotto ad un albero, uccidendo al suo posto un cerbiatto per portare gli occhi
al Re e provare che avevano eseguito il suo ordine.
Ora il Re si
sentiva pieno di rimorso, colpevole sia di aver ucciso un neonato che il
proprio figlio, finché andato a trovare la moglie non lesse la scritta sul
muro.
Chiamò le guardie
ed ordinò di trovarne l’autore.
Interrogando tutti
quelli che erano stati lì, giunsero quindi alla moglie del giardiniere, la
quale ammise che il giovane figlio del capo astrologo era entrato con lei,
travestito, e aveva scritto quelle parole.
Nel frattempo il
ragazzo era tornato felicemente a casa, aveva mangiato il suo pranzo e stava
riposando, come se sapesse ciò che stava per accadere.
Ad un tratto
infatti arrivarono degli ufficiali che lo prelevarono e lo condussero a corte.
Il Re lo mise a
confronto con la scritta sul muro ed il ragazzo disse coraggiosamente “Ciò che
ho scritto non può essere sbagliato, il bambino non può essere morto”.
Un ragazzo di nove
anni non poteva essere così sicuro di sé e parlare in quel modo: era
chiaramente Mahakala che stava operando attraverso di lui.
Il Re fece allora
chiamare i due macellai i quali, dopo aver negato, confessarono di non aver
ucciso il neonato.
Il Re e la corte si
precipitarono nella foresta e trovarono il bambino ancora vivo sotto ad un
albero, con la fame appagata dal miele che colava da un favo pendente da un
ramo.
Il figlio
dell’astorlogo disse al Re “Hai visto il volto di tuo figlio e sei ancora vivo!”.
Il Re, rimasto
senza parole, gli chiese “Come hai potuto indovinare, quando tutti i miei
astrologi hanno sbagliato?”.
“Io ero presente al
momento preciso della nascita: mio padre e gli altri astrologi sono arrivati
dieci minuti dopo”.
Il Re fu così
contento che prese un foglio di carta e vi scrisse “Pagate al portatore di questo
biglietto centomila rupie dal tesoro imperiale”.
Il ragazzo,
felicissimo, corse a casa dalla madre che lo accolse sulla porta, lui le saltò
in braccio, pose il biglietto nelle sue mani e morì.
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