La lunga colonizzazione inglese in
India introdusse nel
subcontinente indiano numerose innovazioni, sia tecniche, che culturali.
Sebbene questo non sia avvenuto per
scopi umanitari, bensì per egoistici fini economici e pratici, bisogna notare
come, al giorno d’oggi, alcune di quelle novità si stiano rivelando
particolarmente utili per gli indiani.
Per quanto riguarda la costruzione di infrastrutture,
quali palazzi, strade, ferrovie, fabbriche, ciò era preventivabile, ma
sicuramente in pochi, fino a solo circa 20-30 anni fa, potevano immaginare i
benefici derivanti dalla diffusione della lingua inglese.
Diventata ormai a pieno titolo
l’utilissima lingua franca internazionale, il fatto che gli indiani ne abbiano
familiarità è sicuramente uno dei rari vantaggi che l’India possiede; ad
esempio, è uno dei motivi principali per cui gli indiani in genere dimostrano
una particolare propensione verso i computer, nei quali vengono sempre più spesso
utilizzate terminologie inglesi.
Ma un utilizzo ancora più importante è
quello che viene fatto, quotidianamente, come lingua franca all’interno
dell’India stessa.
Oltre ad essere una delle due lingue
ufficiali dello stato indiano, insieme all’hindi, nonché la lingua della
giurisprudenza, serve infatti anche per permettere agli indiani di madrelingua
differente di comunicare tra loro.
Com’è noto, una caratteristica
dell’India è l’elevato numero di lingue e dialetti parlati localmente, tanto
che la Costituzione al momento riconosce ufficialmente circa venti lingue, che
hanno quindi valore legislativo negli stati di maggior diffusione.
E nonostante tra molte di esse
esistano relazioni e similitudini, le lingue indiane in realtà fanno parte di
due famiglie distinte, l’indoeuropea al nord e la dravida al sud, e non hanno
nessun punto linguistico in comune, a parte il retaggio culturale sanscrita-induista.
Chiaramente l’inglese che viene
parlato in India non è proprio quello di Cambridge, in particolare la pronuncia
indiana è talmente peculiare che spesso perfino madrelingua inglesi fanno
fatica a capire quello che dicono gli indiani, ma in generale tra le persone di
una certa cultura, la conoscenza dell’inglese degli indiani è di gran lunga
superiore a quella degli europei del sud (vedi Francia, Spagna e Italia).
Addirittura sta ormai diventando la
lingua scolastica dato il progressivo affermarsi, anzi, il definitivo successo,
di scuole private dove l’insegnamento viene impartito in inglese già dai primi
anni.
Considerando però l’ancora altissimo
tasso di analfabetizzazione (nonché che per essere considerati alfabetizzati
basta sapere scrivere il proprio nome, o poco più), si potrebbe pensare che il
fenomeno riguardi quindi solo le classi più abbienti, o le persone che ne hanno
bisogno per il proprio lavoro, invece sembra affermarsi a tutti i livelli.
Sia a causa di una specie di effetto
“moda”, in quanto i giovani trovano sia molto “cool” parlare in inglese, ma
soprattutto perché non è necessario saperlo perfettamente, ma è abbastanza
comune l’inserire frasi, espressioni o anche solo parole inglesi, all’interno
di dialoghi in lingue locali.
In hindi oltretutto sono già numerosi
i termini presi direttamente dall’inglese come retaggio della colonizzazione, a
cui va aggiunto che alcune delle più comuni parole anglosassoni vengono spesso
preferite per praticità a termini hindi: classico esempio la parola problem
(bisillabica), che almeno colloquialmente ha soppiantato da tempo l’equivalente
hindi, samasya (con ben 4 sillabe e una peculiare pronuncia del dittongo
ya).
Si è venuta quindi a creare una specie
di idioma sincretico tra le due, chiamato giustamente hinglish, che si sta
diffondendo sia tra gli indiani di lingua hindi che vogliono migliorare (e
spesso “mostrare”) il loro inglese, ma anche da parte di indiani che sono nati,
o vivono da tempo, all’estero, i quali, non avendo una gran dimestichezza con
l’hindi, si aiutano con l’inglese.
Sebbene questo fenomeno venga guardato
con disgusto dai puristi di entrambe le lingue, c’è la possibilità non tanto
remota che se il trend continua di questo passo, in futuro l’hinglish diventerà
una lingua vera e propria.
Uno dei requisiti principali perché
una lingua sia riconosciuta come tale, è la presenza di una letteratura che la
rappresenti, e se per l’hinglish al momento questo è appena agli inizi, bisogna
notare come numerosi autori d’importanza internazionale, quali Shobhaa De e
perfino Salman Rushdie, usino spesso questo nuovo idioma nelle loro opere.
Oltre a questo si segnalano i già
numerosi quotidiani che usano questo linguaggio, con i titoli degli articoli
scritti sia in caratteri devnagari che romani ed i testi hindi impregnati di
termini inglesi, nonché l’ampissimo uso che se ne fa alla televisione
(soprattutto nelle pubblicità) e nel popolarissimo cinema.
In ogni caso, il fenomeno è destinato
a crescere, almeno nell’immediato futuro, e nonostante il timore che questo
possa portare a un’omogeizzazione culturale e ad una estinzione degli idiomi
locali, le lingue più importanti dell’India sono ben lontane dallo scomparire:
tra le prime dieci lingue più parlate al mondo ben 3 provengono dal
subcontinente indiano, l’hindi (terzo), il bengalese (sesto) e il punjabi(decimo),
che hanno bacini d’utenza superiori ai cento milioni di individui; mentre marathi,
telugu e tamil sono parlati pressapoco quanto l’Italiano, cioè da circa 60-70
milioni di persone.
Aggiungendo a questo il costante
aumento demografico indiano, si potrebbe quindi affermare che una maggior
diffusione e l’eventuale riconoscimento dell’hinglish come lingua sarebbe comunque
un fenomeno positivo e in notevole controtendenza, considerando la progressiva,
deprecabile, ma inevitabile scomparsa, a livello mondiale, di antiche lingue e
dialetti.
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