La
città di Junagadh si trova nella zona centro-meridionale della penisola del
Kathiawar, nella regione del Saurashtra dello stato indiano del Gujarat.
Nonostante
la posizione al di fuori dei circuiti turistici più battuti, Junagadh è una
cittadina interessante e prospera, dal ricco passato e l’attivo presente.
Con una
popolazione intorno ai duecentomila abitanti risulta essere leggermente meno
caotica delle più popolose città indiane, sebbene il traffico e lo smog anche a
Junagadh raggiungano livelli allarmanti.
Pur non
essendo un luogo sacro di per sé, è nota tra i pellegrini, soprattutto asceti e
santoni, per la vicina Girnar
Hill, una collina venerata sia da induisti che jainisti.
In
realtà non si tratta di un’unica collina, bensì di una catena collinare che
ospita, in una valletta, un complesso di antichi templi di pietra jainisti,
mentre su tre cime sacre sono situati i templi indù.
Per
raggiungere la vetta più alta bisogna percorrere un’interminabile sentiero
lastricato, composto da circa diecimila gradini che si inerpicano tra le
colline: lo sforzo è ampiamente ripagato dalla tranquillità e dal panorama
sulla pianura sottostante.
Va
anche notato che gli abitanti del Gujarat sono particolarmente cordiali,
soprattutto nei luoghi sacri, e la loro presenza aiuta sicuramente a creare una
piacevole atmosfera.
I
templi jainisti, a circa due terzi della salita, sono dedicati ad alcuni dei 24
Tirthankar, i profeti della religione jaina.
Al
giorno d’oggi solo uno è adibito al culto mentre altri necessiterebbero di
qualche lavoro di ristrutturazione, ma offrono in ogni caso un ottimo esempio
dell’elaborata architettura jaina del XII-XIII secolo, in un contesto
decisamente suggestivo.
Altrettanto
suggestivi sono gli asceti jaina, vestiti di bianco, con la bocca coperta da un
panno, i campanellini ai piedi e uno scopino di cotone legato in vita, tutti
accorgimenti che dovrebbero aiutarli a non uccidere inavvertitamente neppure la
più piccola creatura.
I
templi indù sulle tre cime sacre sono artisticamente piuttosto modesti ma molto
importanti religiosamente, seppur la posizione scomoda non li renda molto
frequentati.
La cima
più alta ospita un tempio dedicato a Dattatreya, una divinità considerata
incarnazione di Vishnu e il maestro di Shiva, mentre gli altri due sono in
onore di Goraknath, un mistico asceta del XIII secolo, e Amba Devi, una
divinità femminile legata alla prosperità delle coppie sposate.
Durante
le feste ed i periodi di maggior afflusso, per i pellegrini impossibilitati a
salire la collina a piedi (ci vogliono circa tre ore all’andata ed un paio al
ritorno), viene offerto un servizio di palanchini, chiamati dholi, sorretti da quattro
portatori, di solito neppure molto robusti; il prezzo dipende dal peso quindi i
clienti devono essere pesati come sacchi di patate.
Lungo
la strada che collega Junagadh alla Girnar Hill, si trova uno dei famosi editti
di Ashoka, l’antico imperatore indiano che lasciò nel suo vasto regno numerose
inscrizioni su pietra per la diffusione della religione buddista e dei suoi
principi morali.
Sebbene
oggigiorno siano stati individuati una trentina di questi editti, in una grande
area che va dall’Afghanistan al Bangladesh, quelli inscritti sulle rocce di
Junagadh sono considerati i più antichi tra quelli rinvenuti (circa 260 a.C.),
probabilmente i primi scolpiti dopo la nota conversione dell’Imperatore al
buddismo.
Come
avvenuto in taluni di questi siti, sulle rocce di Junagadh, nei secoli successivi
ad Ashoka, altri imperatori, sfruttando la sua idea, hanno lasciato delle
inscrizioni: nel 150 d.C. Rudraman I, Re della dinastia Shaka, e nel 450 d.C.
Skandagupta, ultimo grande imperatore della dinastia Gupta.
Gli
editti di Ashoka sono in lingua prakriti (uno dei dialetti pre-sanscrito) e
caratteri brahmi (dai quali si svilupperà in seguito la
scrittura indiana devnagari),
mentre quelli successivi sono in lingua sanscrita,
in caratteri brahmi i primi, in caratteri gupta i secondi.
La
roccia si trova all’interno di una semplice costruzione, dove alcuni cartelli
traducono i contenuti delle inscrizioni, e sebbene non vi sia molto da vedere,
l’importanza di questo sito è notevole.
In
città il luogo di maggior interesse storico è l’antichissimo forte di Uperkot che pare sia stato iniziato dal grande
imperatore Chandragupta, fondatore delle dinastia Maurya, intorno al IV secolo
a.C. e successivamente ampliato dai sovrani che si sono succeduti.
La
testimonianza più antica è una piccola grotta sotterranea che, nel II secolo
d.C., sembra sia stata un tempio buddista, vagamente intuibile da un paio di
colonne scolpite.
Come
nel caso degli editti di Ashoka non c’è molto da vedere (e anche in questo caso
bisogna pagare 100 rupie di ingresso perché il sito è protetto dal Dipartimento
Archeologico Indiano) ma l’importanza dal punto di vista artistico è
incalcolabile poiché si tratta di un raro esempio, seppur sbiadito, di
archeologia rupestre buddista in questa parte del subcontinente.
La
maggior parte degli edifici all’interno delle mura del forte di Uperkot sono
stati eretti o ristrutturati da più recenti regnanti mussulmani, come
dimostrato dallo stile architettonico ricco di cupole, minareti ed elaborati
archi.
In
particolare è possibile visitare una grande moschea, una tomba e due pozzi a
gradini, tipici di Rajasthan e Gujarat, seppur non siano sempre aperti al
pubblico.
L’intera
struttura infatti necessita di estesi lavori di restauro, seppur l’attuale
stato di semi abbandono offra un’atmosfera molto affascinante.
Nei
pressi della stazione ferroviaria di Junagadh, in pieno centro, è situato un
grande spiazzo che ospita il Mahabat
Maqbara, un meraviglioso mausoleo costruito per uno dei nababbi della città
a fine ‘800.
La
particolarità di questo edificio quadrato è data dagli armoniosi minareti
all’esterno dei quali ruotano le scale a spirale per raggiungere la cima.
Oltre
al Mahabat Maqbara che troneggia al centro dello spiazzo, a fianco vi è
un altro mausoleo più piccolo, sempre in questo pregevole ed originale stile
indo-islamico.
Seppur
l’idea di tenere degli animali in gabbia sia di per sé deplorevole, bisogna
notare come non tutti gli zoo siano delle tetre prigioni e quello di Junagadh,
per fortuna, non lo è.
Fu infatti
istituito da un nababbo della città nel lontano 1863 per proteggere i leoni
asiatici, la cui ultima popolazione selvatica risiede nelle foreste del Parco Nazionale di Sasar Gir,
situato a circa sessanta chilometri da Junagadh.
In
particolare questo zoo è dedicato ai felini, con una nutrita presenza di leoni,
tra cui alcuni africani per permettere un facile confronto con quelli asiatici,
tigri e leopardi.
All’interno
dello zoo è presente anche un piccolo museo, dove, oltre a reperti archeologici
provenienti dai siti dei dintorni, vi è una discreta sezione dedicata alla
storia naturale.
Per gli amanti di armi, palanchini e altre
cianfrusaglie di pregio appartenenti ai nababbi che governarono la città, tra
le strade affollate del centro è situato il Durbar
Hall Museum.
Ammettendo
di non averlo visitato, supponiamo possa essere un luogo pieno di oggetti
curiosi e rappresenta sicuramente una testimonianza della recente storia della
città.
Dal
punto di vista prettamente pratico, la città di Junagadh non offre soluzioni
particolarmente interessanti per quanto riguarda alberghi e ristoranti, ma
chiaramente non si è costretti a dormire per strada né a morire di fame.
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