Il cricket, come molti sport di squadra, fu inventato dagli inglesi e deve la sua sparsa ma
omogenea distribuzione internazionale, al fatto che fosse lo sport più
praticato durante i lunghi anni della diffusa colonizzazione britannica.
I dieci paesi che fanno parte
dell’elite internazionale, dove il cricket è sport professionistico,
rappresentano infatti tutti e cinque i continenti, con India, Pakistan,
Bangladesh e Sri Lanka a rappresentare l’Asia, l’Australia e la Nuova Zelanda
l’Oceania, il Sud Africa e lo Zimbabwe l’Africa, l’Inghilterra l’Europa, e
infine le West Indies il continente americano.
La squadra delle West Indies è una
caratteristica esclusiva del cricket, in quanto non rappresenta un’unica
nazione, bensì una federazione di stati caraibici di lingua inglese, ma non
solo.
Creata verso la fine del 1800, la Nazionale di Cricket delle Indie Occidentali
Britanniche, è anche un ottimo esempio di come lo sport sia molto spesso un
veicolo di comunione tra le genti, più di quanto non sia la politica, visto che,
al contrario della squadra di cricket che vanta ormai una storia secolare, la
Federazione delle Indie Occidentali politicamente fu creata nel 1958, su
ispirazione delle federazioni degli stati canadesi e australiani, ma fallì
miseramente appena 4 anni dopo a causa di inconciliabili dissidi politici al
suo interno.
Venendo all’impatto sociale del
cricket in India, bisogna notare come, a causa della cronica povertà, la
diffusione dello sport in genere è riservata a un numero molto limitato di
praticanti, appassionati ed esperti.
Essendo però una delle poche valvole
di sfogo concesse alla gente comune, i successi e gli insuccessi delle varie nazionali
vengono seguiti con un notevole interesse.
Addirittura, alcuni anni fa venne
stabilito da una ricerca economica che la borsa indiana reagiva in maniera
netta alle prestazioni del grande battitore Sachin Tendulkar, dato che, dopo le
sue non rare epiche prestazioni, le borse subivano un notevole rialzo nel
volume degli affari, dovuto alla ventata di ottimismo, o viceversa, nel caso di
altrettanto non rare debacle del Maestro, e quindi della squadra, il seguente
pessimismo e malumore diminuivano le attività finanziarie.
Entrando leggermente nel dettaglio
tecnico, solo per chiarire a grandi linee in cosa consista il gioco del cricket,
e senza neppure avvicinarsi al complicatissimo regolamento, si può definire
come uno sport di squadra, di mazza e palla, vagamente simile, per i caratteri
generali, all’altrettanto complicato ma leggermente più conosciuto baseball.
Una delle tante caratteristiche che
distingue però il cricket da qualunque altro sport di squadra è il fatto di
essere diviso in più formati, per l’esattezza tre, in base alla durata delle
partite e sono chiamati: Test Match, One Day International e T-20 (o T-Twenty).
Seppur le regole essenziali del gioco
subiscano solo leggere modifiche, le differenze tecnico-tattiche sono numerose,
come d’altronde succederebbe se il calcio, ad esempio, fosse giocato anche in
partite da mezz’ora per tempo, o magari solo 15-20 minuti.
I Test Match rappresentano il cricket
originale, come giocato fin dai primi del 1800, con partite sulla distanza dei
cinque giorni.
Date le difficoltà organizzative, non
ultima la non facile reperibilità di atleti preparati a trascorrere ore sotto
al sole a fissare attentamente una pallina pericolosamente dura, che viaggia in
media a velocità ben superiori i 100 km/h, questa forma è oggi praticata solo
dai dieci paesi che abbiamo detto fanno parte dell’elite mondiale.
Per ovviare quindi a questi problemi organizzativi
e favorire una maggior diffusione, anche grazie al progessivo affermarsi in
campo sportivo delle televisioni, verso la fine degli anni ‘60 iniziò a diffondersi
un formato più breve, che limitando il numero di lanci disponibili per ogni
squadra per eliminare i battitori avversari a 300, piuttosto che all’infinito
come nei Test Match, ha ridotto la durata delle partite a circa 8 ore, ed è
stato quindi giustamente chiamato One Day International.
La prima partita ufficiale
internazionale in questo nuovo formato è stata giocata nel 1971 tra Inghilterra
e Australia, ma è diventato presto popolarissimo anche perché, finalmente, si
sono potuti organizzare dei campionati mondiali che rappresentano la massima
espressione di ogni sport.
In quest’era moderna, dove tutto viene
velocizzato, anche le partite di un giorno richiedono comunque un grande
dispendio di tempo e risorse, così, all’inizio del XXI secolo, si è diffuso un
formato di cricket ancora più rapido, in cui i lanci sono limitati a 120 per
squadra e le partite durano circa 3-4 ore.
Nel cricket i lanci sono divisi in
gruppi di 6, detti over, e volendocene 20 per raggiungere il numero di
120, questo formato viene chiamato T-20.
Secondo i puristi, gli intenditori e i
più accaniti appassionati, il vero cricket è quello tradizionale dei lunghi
Test Match, i quali, pur correndo il rischio di partite, o lunghe fasi,
piuttosto noiose, offrono la possibilità di apprezzare tutte le numerose
caratteristiche che rendono questo sport unico, non ultime le fasi di riposo
che comprendono: una pausa per il pranzo, un paio per il thé, altre varie per i
drinks, più alcune chiaramente di ordine tecnico-sportive.
Il formato da un giorno era stato
accettato a malincuore, quasi come un tollerabile compromesso, che però ha
fatto felici milioni di persone comuni che finalmente si sono potute avvicinare
un po’ di più alla disciplina: poter dedicare un giorno ogni tanto al cricket è
infatti ben più facile che dedicargliene cinque di fila.
La versione iperveloce invece, per
ovvie ragioni, ha attecchito soprattutto sui giovani, ma a livello tecnico
viene considerata, anche dagli stessi addetti ai lavori, poco più che un
remuneratissimo allenamento.
Questo formato infatti ha favorito la
diffusione e lo sviluppo del cricket, a tal punto da diventare una specie di
gallina dalle uova d’oro: con la possibilità concreta di giocare più partite in
un arco di tempo minore, sono chiaramente nati i mondiali di T-20, nonché vari
e lucrosissimi campionati nazionali, sia in India che altrove, e addirittura
una cosiddetta Champions League.
Questo atteggiamento di favorire più
il business dello sport, purtroppo sta già iniziando a “strangolare la gallina”,
in quanto un calendario internazionale troppo intenso sta scontentando i
giocatori, creando molte partite insignificanti e allontanando i tifosi dagli
stadi (curioso notare come tutti questi aspetti avvicinino incredibilmente il
cricket al calcio).
Nonostante questo, per il momento il
cricket sta vivendo un periodo aureo, grazie anche ai successi dell’India, dove
è lo sport più popolare per più di un miliardo di persone.
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