La città di Ajmer si trova nello stato
indiano del Rajasthan, circa 350 chilometri a sud della capitale Delhi, ed a
soli 11 chilometri da Pushkar, cittadina sacra ed importante meta turistica.
Essendo quella di Ajmer la stazione
ferroviaria più vicina a Pushkar, la città viene attraversata da un costante
flusso di turisti, ma di solito viene trascurata, anche a causa del traffico
caotico che accoglie i visitatori appena fuori dalla stazione.
Indubbiamente l’atmosfera di Ajmer non
è neppur paragonabile a quella serena e pacifica, quasi edonistica, della
famosa vicina, ma possiede alcune interessanti attrazioni che possono essere stimolo
per un breve soggiorno, oppure meta di una piacevole gita di una giornata da
Pushkar.
In particolare Ajmer è molto nota nella
religione mussulmana per la Dargah (tomba) del santo sufi Khwaja
Muin-ud-din Chisti, il quale, giunto dalla Persia nel 1192, trascorse lì il
resto della sua vita fino alla morte avvenuta intorno al 1230.
Questo mausoleo è probabillmente il
luogo di culto mussulmano più riverito e visitato dell’India, tanto che perfino
i più alti dignitari dei paesi islamici in visita ufficiale nel paese, non
mancano di fare una visita alla Dargah, spesso lasciando anche consistenti
offerte economiche per il mantenimento della struttura.
L’ingresso è consentito anche ai non
mussulmani (ma è obbligatorio coprirsi il capo) ed è sicuramente un luogo molto
suggestivo, seppur l’atmosfera dipenda dall’affluenza dei pellegrini.
In generale, durante la mattinata ed
il tardo pomeriggio, l’area è presa d’assalto da numerosi fedeli, nonché
qualche turista, e risulta esserci una certa confusione.
Orario decisamente meno affollato è la
mattina presto, ma anche dopo l’ora di pranzo, verso le 14, è possibile trovare
momenti insospettabilmente tranquilli, specialmente durante la lunga stagione
calda.
Dal tramonto fino all’orario di
chiusura, le 21, nell’area retrostante la tomba del santo sono quasi sempre
presenti dei musicisti che eseguono canti devozionali sufi, chiamati qawwali.
Il più grande rappresentante di questo
stile, il leggendario Nusrat Fateh Alì Khan (1948-1997), suonò più volte nel
cortile del Dargah di Ajmer, al quale era legato anche da un curioso episodio
personale.
All’età di 8-9 anni, già impegnato
nell’apprendimento musicale, sognò che avrebbe suonato nel prestigioso luogo
sacro, sogno che realizzò in poco tempo, ad appena 14 anni.
L’area sacra, alla quale si accede attraverso
un grande portale, è composta da un grande cortile irregolare, dove si trova una
vasca per permettere ai devoti di lavarsi i piedi, alcune moschee e nella parte
più lontana il mausoleo del santo sufi.
L’offerta tipica da portare
all’interno è costituita da un cesto di petali di rosa, venduti da numerosi
negozi all’interno del cortile, che vengono versati sopra alla tomba del santo
in un flusso continuo di devoti che girano in senso orario, prendendo la
benedizione da sacerdoti sparsi agli angoli della piccola stanza.
Gli esterni e gli interni sono
riccamente decorati, come pure il portale d’entrata e quelli laterali.
Anche ai non-mussulmani è concesso
entrare nel mausoleo ma essendo quasi sempre molto affollato non si ha il tempo
di soffermarsi sui particolari.
In compenso la zona esterna è molto
ampia ed è facile trovare un posto tranquillo per poter apprezzare l’atmosfera
e magari scattare qualche suggestiva fotografia, che sono consentite ovunque
tranne che all’interno del mausoleo.
Fuori dalla Dargah, girando subito a
destra nell’affollata strada piena di negozi e bancarelle, e proseguendo in
leggera salita per poche centinaia di metri, si giunge alla
Adhai-din-ka-Jhonpra, letteralmente il Rifugio dei due giorni e mezzo, una
moschea in rovina del XIII secolo.
Il nome deriva dal fatto di essere
stata edificata in due giorni e mezzo (adhai significa due e mezzo, e din
giorno) poiché è stata in parte ricavata da un’antica scuola di sanscrito e
utilizzando materiale di riciclo da vicini templi indù e jaina distrutti verso
la fine del 1100, dall’intransigente invasore mussulmano Mohammed di Ghori,
proveniente dall’Afghanistan.
Il sito, più o meno lasciato allo
sbando, per fortuna si trova in un ampio cortile sopra il livello della strada,
il che ne limita in qualche modo la frequentazione e l’usura.
L’edificio, situato in fondo al
cortile, consiste in una parte esterna, decorata con motivi islamici, che si
tratta chiaramente di un’aggiunta posteriore per proteggere una grande stanza
ricca di colonne scolpite, chiaramente provenienti da templi indù e jaina, poste
di fronte al mihrab.
La visita di questo sito non richiede
molto tempo né il pagamento di un biglietto di ingresso (a parte lasciare qualche
rupia agli anziani signori che custodiscono la scarpe che bisogna levarsi per
accedere alla moschea) e rappresenta, nella sua sempicità, un esempio del ricco
e travagliato passato di Ajmer.
Tornando in centro città, non molto
lontano dalla Dargah e di fianco al capolinea cittadino dei rari ed affollati
autobus governativi diretti a Pushkar, si trova un inusuale tempio jaina,
chiamato Nasiyan Temple, o Jain Red Temple.
In realtà il tempio jaina vero e
proprio, adibito al culto, è situato poco oltre e l’ingresso è vietato ai non
appartenenti alla religione, ma pagando un economico biglietto è possibile
accedere ad una grande stanza, al centro della quale, protetta da una vetrata,
si trova una rappresentazione del cosmo secondo la concezione jainista.
Il grande modellino è composto da
sculture di legno, pitturate di vernice dorata e colori sgargianti, che
mostrano una variegata ed ordinata processione verso una montagna a cono
rovesciato, il monte Meru, che rappresenta la meta spirituale da raggiungere nella
religione jaina.
Appesi al soffitto con fili di ferro
lunghi un paio di metri, sospesi a mezz’aria, si trovano degli improbabili
veicoli volanti dalla forma di anatre.
Il tutto in un trionfo di specchi che
aiutano a creare l’atmosfera scintillante della stanza.
Particolare di non secondaria
importanza, sebbene l’edificio sia piuttosto decrepito, è possibile osservare
questo inusuale modellino religioso sia dal primo piano, per poter apprezzare i
curiosi particolari, sia da un piano superiore, per poter avere una visuale
d’insieme dell’opera.
È anche consentito fotografare,
seppure, a causa dei riflessi e della sporcizia dei vetri protettivi, sia difficile
ottenere risultati soddisfacenti.
Queste tre attrazioni, ognuna a modo
suo interessante, si trovano a poche centinaia di metri tra loro, quindi la
loro visita risulta essere decisamente comoda.
Con un minimo di intraprendenza in
più, che personalmente però, nonostante le nostre varie visite alla città non
abbiamo ancora avuto, è possibile salire, sia a piedi che con mezzi a motore,
sulla collina che sorge sopra alla Adhai-din-ka-Jhonpra, per visitare il forte
di Taragarh, che significa a forma di stella, presumibilmente per
possedere una struttura di tal guisa.
Oltre ad una panoramica vista sulla
città sottostante, di cui non dubitiamo, non siamo sicuri che l’interno del
forte sia accessibile, motivo per cui non ci siamo mai spinti fin lassù.
Bisogna anche tenere presente che il
Rajasthan è ricco di meravigliosi forti e fortezze varie, e se quello di Ajmer
non è particolarmente rinomato qualche motivo ci sarà.
Siamo leggermente più colpevoli,
invece, di non aver mai visitato il Palazzo di Akbar, situato in pieno centro,
dove è ospitato il Museo Governativo locale.
All’interno sono custodite le solite
collezioni di sculture, armi e oggetti vari utilizzati dai passati regnanti
della città, ma siamo incuriositi dallo stile del palazzo, data l’inusuale
versatilità del suo costruttore.
L’imperatore Moghul Akbar fu
infatti un noto mecenate delle arti e anche grazie al suo interesse
l’architettura Moghul si sviluppò fino all’apice raggiunto, meno di un secolo
dopo la sua morte, con il Taj Mahal, fatto erigere da Shah Jahan, nipote
abiatico di Akbar.
Come ultime attrazioni di Ajmer si possono
citare due ampie riserve d’acqua, costruite nel tempo per rifornire la città.
Il lago Ana Sagar fu costruito
nel XII secolo sbarrando un piccolo fiume e si trova nella zona nord della
città.
Sulle sponde si trovano due grandi
parchi che ospitano dei padiglioni di marmo fatti costurire dal già citato Shah
Jahan, anche se l’aspetto e l’odore dell’acqua può essere poco invitante,
specialmente in estate quando lo specchio d’acqua tende a prosciugarsi.
Non molto lontano si trova il Foy
Sagar, che prende il nome dall’ingegnere inglese Foy che lo creò nel 1892
durante una carestia.
Le colline alle sue spalle offrono un
discreto panorama.
Per terminare questa introduzione su
Ajmer, brevi dettagli sui servizi offerti ai visitatori.
Nella zona di fronte alla stazione vi
sono chiaramente diversi alberghi rumorosi, mentre risultano più tranquilli
quelli nei pressi della Dargah, poiché, nonostante i vicoli siano molto
affolati, in gran parte sono chiusi ai mezzi a motore.
La qualità non è eccelsa, ma con un
po’ di fortuna e di adattamento è possibile trovare camere accettabili per una
o due notti.
Per i turisti più danarosi o chi
avesse bisogno di un minimo di comfort, sono comunque presenti in città un paio
di alberghi di lusso.
Riguardo al cibo, Ajmer, grazie alla
forte tradizione mussulmana, è un discreto posto per mangiare carne, particolare
non trascurabile per i non-vegetariani, tenendo presente che a Pushkar è
completamente bandita.
Pur rischiando qualche lieve danno al
proprio fisico e di essere costretti alle lacrime per l’abbondanza di
peperoncino, i semplici ristoranti di fronte alla stazione offrono una discreta
varietà di kebab e pollo tandori.
Sempre a causa dei divieti vigenti a
Pushkar, Ajmer è un comodo posto dove procacciarsi qualcosa di alcolico da
bere, in uno dei rari negozietti situati nei pressi della stazione: se si fosse
in difficoltà ad individuarli, basta chiedere la direzione a qualche autista di
taxi o risciò.
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