Secondo l’ultimo
censimento del 2011, la popolazione nepalese pratica le seguenti religioni:
l’81,3% l’induismo, il 9% il buddismo, il 4,4% l’islam, il 3% il kirat (o
kirant) mundhum, detto anche yumaismo, l’1,4% il cristianesimo, lo 0.9% altri
credi.
L’induismo nepalese
dal punto di vista teologico non presenta grandi differenze con quello indiano,
mentre nell’aspetto liturgico è evidente una notevole influenza buddista.
La posizione
geografica del Nepal, tra la cultura indù del subcontinente indiano a sud e
quella buddista del Tibet a nord, ha favorito infatti un notevole sincretismo
tra le due religioni, grazie anche alla nota tolleranza di entrambe.
In particolare è
molto forte, sia nell’induismo che nel buddismo nepalesi, la tradizione
tantrica, sviluppatasi all’origine indipendentemente in India e Tibet, per poi
mescolarsi durante l’età d’oro della filosofia tantrica nel medioevo.
Anche alcune
divinità sono state mutualmente “esportate” da una tradizione all’altra: Tara,
ad esempio, nota divinità buddista, nell’induismo è stata “trasformata” in una
delle più importanti rappresentazione di Kali e seconda delle Das Mahavidhya
(dieci rappresentazioni tantriche di Kali); mentre Chinnamasta, anch’essa una
delle Das Mahavidhya, è entrata nel buddismo venendo accomunata al Vajra,
importante simbolo della folgore, che dà il nome alla corrente Vajrayana, una
delle tre scuole tradizionali buddiste insieme a Theravada e Mahayana.
Molto spesso i
templi indù nepalesi sono dedicati a divinità che vengono adorate anche dai
buddisti, magari con nomi diversi, ma spesso con simili caratteristiche
teologiche, e talvolta risulta davvero difficile (e forse anche superfluo)
stabilire se un luogo di culto appartenga all’una o all’altra religione.
Ottimo esempio può
essere la figura di Rato Machendranath, divinità della pioggia e
dell’abbondanza, molto venerata nella Valle di Kathmandu: per i buddisti
rappresenta l’Avalokiteshvara, il Buddha della compassione, mentre per
l’induismo è una rappresentazione di Shiva.
Il 9% dei nepalesi
di religione buddista seguono le pratiche del buddismo Vajrayana di matrice
tantrica che, come abbiamo appena visto, in Nepal ha notevoli punti di contatto
con il tantrismo, e quindi le pratiche, indù.
La maggior parte
dei buddisti nepalesi appartengono ad etnie tibeto-birmane, come i tamang, i
gurung e gli sherpa, dove il buddismo è praticato da più del 90% della
popolazione, ma anche altre etnie seguono la religione buddista, in particolare
quelle che abitano le regioni di montagna, culturalmente più vicine al Tibet.
Il 4,4% della
popolazione nepalese di fede islamica abita principalmente le pianure
meridionali del Terai al confine con l’India, seppur esistano minoranze
kashmiri mussulmane nelle aree collinari e di mussulmani tibetani nelle regioni
montane.
Questa scarsa
presenza mussulmana è dovuta al fatto che il Nepal non è mai stato sottomesso
da regnanti islamici, che al massimo si limitarono a poche sporadiche
scorribande nella Valle di Kathmandu.
Questo per tre
fattori equamente responsabili: il forte esercito nepalese, l’asprezza del
territorio e vari matrimoni di diplomatica convenienza.
La religione kirat
(o kirant) mundhum, chiamata anche yumaismo, è praticata del 3% della
popolazione nepalese kirati di etnia rai e limbu, dalle quali derivano i due
nomi della religione, kirat mundhum per i rai e yumaismo per i limbu.
Portata in Nepal da
antiche migrazioni di genti kirat, di origine tibetano-birmane, questa
religione si fonda su principi animistici, con rituali di adorazione degli
spiriti ancestrali officiati da sciamani, mescolati al buddismo tibetano ed
allo shivaismo indù.
Oggigiorno per vari
motivi storici (perdita di territori a favore di altre etnie), politici (scarso
peso politico) ed economici (povertà derivante dai due fattori precedenti), sia
rai che limbu si sono sparsi in varie aree del paese ed in India, grazie anche
al fatto che queste due etnie recentemente sono quelle che forniscono il
maggior numero di soldati gurkha, unità militari nepalesi al servizio dell’esercito
inglese ed indiano.
Le poche aree
rimaste a maggioranza kirati (sia rai che limbu) sono alcune zone collinari
della zona orientale del Nepal, dove quindi la religione mundhum è ancora
piuttosto seguita.
Oltre a non essere
mai stato sottomesso da dominatori mussulmani, il Nepal non fu neppure mai
colonizzato da potenze europee, sebbene la sconfitta contro gli inglesi nella Guerra
Anglo-Nepalese del 1814-1816, costò al Nepal circa un terzo dei propri
territori.
Questo è uno dei
due motivi per cui il cristianesimo non ha una forte presenza in Nepal, l’1,4%,
a cui va aggiunto che a causa dell’isolamento del paese durante la dinastia
Rana, dal 1846 al 1951 anche le attività dei missionari vennero bandite.
Attualmente la
popolazione nepalese di fede cristiana è in forte crescita, soprattutto nella
Valle di Kathmandu, grazie anche alla costruzione di scuole e ospedali che
attraggono un sempre maggior numero di simpatizzanti (fenomeno molto comune
anche in India).
Tra lo 0,9% di
Nepalesi che appartenenti ad altre religioni, la maggior parte segue la religione
Bon, diffusa in Tibet prima del buddismo, ma successivamente mescolatasi con
questo, al punto che alcuni studiosi oggi classificano il Bon come una forma
eterodossa del buddismo.
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