Tailanga Swami fu uno dei più grandi e
originali santi prodotti dalla città sacra di Varanasi, tanto che viene ancora
oggi chiamato “L’orgoglio di Benares”.
La sua straordinaria vita pare sia
durata circa 300 anni (tra il XVI e il XVIII secolo), di cui circa 100 trascorsi
all’interno del fuoco della pira di sua madre, 100 immerso nelle profondità del
sacro Gange e gli ultimi 100 seduto sui ghat di Benares in un più o meno
assoluto mutismo.
Quando morì venne posto dentro ad una
bara per essere abbandonato alla sacra confluenza dei fiumi Gange e Yamuna, che
si incontrano nella città di Allahabad, ma dopo che la bara fu affondata,
qualcuno notò Tailanga Swami che camminava sull’altra riva; e da quel giorno
nessuno lo ha mai più visto.
La sua fama è data da numerose storie
sui suoi straordinari poteri, di cui diamo di seguito alcuni esempi.
Una delle sue “specialità” era quella
di offrire, al tempio di Shiva più importante della città, le sue stesse urine
e feci, in quanto egli non discriminava falsamente e vedeva Dio in tutto.
Un giorno, un sacerdote contrario a
questa pratica schiaffeggiò pubblicamente Tailanga Swami, il quale non disse
nulla e se ne andò.
La notte stessa il Maharajà di Benares
ebbe un sogno in cui Shiva gli disse “Come si permette qualcuno di schiaffeggiare
Tailanga Swami, la mia stessa essenza!”.
Turbato da questo monito il mattino
successivo il Maharajà mandò qualcuno a chiamare il sacerdote per punirlo ma
gli venne comunicato che era morto nella notte...
Un’altra nota storia vide protagonista
il Maharajà stesso, che invitò Tailanga Swami sulla sua barca per un rilassante
giro sul Gange.
Durante il viaggio il Maharajà fu
preso da un attacco di narcisismo ed iniziò ad enumerare le sue imprese, i suoi
possedimenti e via dicendo.
Tailanga Swami, contrariato,
all’improvviso prese la spada del Maharajà e la lanciò nel Gange.
Il Maharajà fu molto sorpreso e ancora
di più irritato, visto che la spada era il simbolo del suo potere, oltre che un
antico cimelio di famiglia, e iniziò ad insultare Tailanga Swami.
Quando il Maharajà finì la sua
sfuriata, Tailanga Swami mise un braccio dentro l’acqua e ne estrasse due spade
perfettamente identiche.
Quindi chiese al Maharajà di prendere
la sua ma lui non fu in grado di distinguerla e lo ammonì di non essere troppo
attaccato a quello che possedeva visto che è tutto un’illusione.
Ne buttò una nel Gange e restituì
l’altra al redento Maharajà.
(Questa storia è probabilmente
apocrifa, dato che ne esistono altre estremamente simili. Una, ad esempio,
riguarda il santo Gorakhnath che fece un miracolo del genere per un re
addolorato per la morte della moglie: ne fece apparire due copie identiche e
chiese al re di scegliere la sua. Impossibilitato, il re capì l’illusorietà
della vita e Gorakhnath gli permise di tenere una delle due copie.)
Due altre brevi storie riguardano
invece il rapporto che Tailanga Swami ebbe, suo malgrado, con le autorità
dell’Impero Britannico.
Siccome egli era solito girare
completamente nudo mostrando oltretutto un ventre molto prominente, un giorno
alcuni soldati inglesi decisero di arrestarlo e chiuderlo in cella per
oltraggio al pubblico pudore.
Pochi minuti dopo averlo rinchiuso però,
furono sbalorditi nel notare che egli stava passegiando tranquillamente sul
tetto del carcere.
Fu quindi rinchiuso un’altra volta ma
dopo un po’ fu visto di nuovo passeggiare sul tetto.
Questo si ripeté parecchie volte
finché i soldati si arresero e lasciarono andare Tailanga Swami.
Sempre a causa del suo aspetto fisico,
un giorno Tailanga Swami fu arrestato da un alto ufficiale dell’Impero e
portato nel suo ufficio, dove egli pensava di prendersi gioco di quello strano
personaggio grasso e nudo.
In tono di scherno gli chiese “Sei in
grado di mangiare quello che mangio io?”.
Tailanga Swami non rispose, ma fece
cenno di sì con la testa.
L’ufficiale fece quindi portare un
piatto con del vitello, considerato sacrissimo e tabù nell’induismo, pensando
di offendere gravemente Tailanga Swami; lui però non disse nulla e mangiò.
Quando ebbe finito chiese a sua volta
“E siete voi in grado di mangiare quello che mangio io?”.
Così dicendo prese il piatto che aveva
contenuto il vitello, vi defecò e vi mise il coperchio.
L’ufficiale si sentì oltraggiato e
disse “Vuoi vedere chi sono io? Guardie, arrestate quest’uomo e mettetelo in
cella!”.
Tailanga Swami sorridendo gli chiese
“Perché, cosa ho fatto? Guardate meglio!”.
L’ufficiale aprì il coperchio e dentro
vi era un bel pollo arrosto fumante pronto per essere mangiato.
Questi rimase talmente sbalordito
che lasciò tutto per seguire Tailanga Swami di cui divenne uno dei più fedeli
devoti.
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