venerdì 5 febbraio 2016

Abbigliamento indiano da donna

Gli abiti femminili tipici indiani sono due: il famoso sari e il meno noto, ma oggigiorno più diffuso, salwar-kameez.
Il sari è composto semplicemente da un lungo drappo di tessuto di circa 1 metro per 6 che viene arrotolato intorno al corpo. Circa un metro e mezzo di un’estremità, chiamato anchal in hindi, possiede di solito un design differente dal resto del tessuto e rappresenta la parte finale del sari che di solito serve a coprire la testa.
Data la semplicità del capo in sé, i punti di forza del sari sono quindi i materiali, i colori e i disegni del tessuto, e la maestria con la quale viene piegato.
Il materiale più diffuso probabilmente è il cotone, ma sono molto comuni anche mix cotone-sintetico, più resistenti e facili da lavare; per le occasioni speciali la seta è sicuramente il materiale più adatto.
Grazie a numerosissime variazioni regionali, colori e disegni sono pressoché infiniti, mentre le tecniche per indossarlo pare siano circa un’ottantina.
Molti sistemi di piegatura del sari hanno come scopo la praticità, cercando di lasciare più libertà di movimento possibile, visto che le donne indiane devono quotidianamente compiere i più disparati lavori.
Altri sistemi hanno scopi prettamente estetici e vengono utilizzati per le occasioni formali. Molto diffusa è una tecnica considerata da cerimonia che prevede di sorreggere l’anchal con un braccio, lasciando quindi libera una sola mano.
L’unico accessorio di accompagnamento al sari è il choli, un corpetto a mezze maniche che copre la parte superiore del busto, lasciando in vista l’ombelico, e molto scollato sulla schiena.
Il colore del choli è intonato a quello del sari e spesso nelle confezioni di sari in vendita viene inserito un pezzo di tessuto extra proprio per confezionare un choli.
Il salwar-kameez invece è la versione femminile del kurta-pajama indossato dagli uomini,.
Le differenze tra i due completi sono molto sottili e al di fuori dell’India il termine salwar-kameez viene utilizzato anche per i capi indossati dagli uomini (in Pakistan è l’abito nazionale maschile).
La kameez da donna, lunga camicia senza colletto che scende fino alle ginocchia, è pressoché identica alla kurta da uomo, tanto che oggigiorno i due termini sono diventati sinonimi e kurta viene usato anche per gli abiti femminili.
I salwar, rispetto ai classici pajama, sono leggermente stretti in fondo e più voluminosi sulle gambe, secondo uno stile chiamato Patiala salwar, dal nome della città del Punjab dove pare sia nato questo stile.
Ma forse i pantaloni più diffusi sono i Churidar pajama rajasthani, quasi attillati e stringenti verso il basso.
Per la stagione fredda gli abiti femminili indiani non prevedono nessun sistema tradizionale se non quello di vestire dei maglioncini tipo cardigan che, seppur con risultati estetici poco eleganti, possono essere indossati sia sopra il sari che il salwar-kameez.
Altro metodo molto diffuso in India per proteggersi dal freddo è quello di avvolgersi in un grande scialle o una coperta, sistema usato abbondantemente sia da donne che uomini.
In questo caso il risultato estetico, simile a un “nobile” mantello, non è disprezzabile, anche se chiaramente dipende dalla qualità di scialle o coperta: semplici teli monocolore utilizzati quotidianamente hanno il solo scopo di cercare di proteggere dal freddo, mentre più elaborati design (magari ispirati a disegni tipici regionali) sono usati per occasioni formali. Non è raro, ad esempio, l’utilizzo di questo sistema da parte di professori universitari, che talvolta si presentano in classe avvolti in “eleganti” coperte di kashmeer.
Quello che manca a questo sistema di difendersi dal freddo è invece la praticità, visto che una coperta buttata sulle spalle viene facilmente spostata dal vento ed è normale aggiustarsi continuamente i bordi per cercare di coprirsi il più possibile.
Infine, non esistono copricapo tipici femminili in quanto l’anchal del sari ha di per sé questa funzione, come anche la dupatta indossata in combinazione con il salwar-kameez.

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