venerdì 12 febbraio 2016

Traffico indiano

Uno degli aspetti più stressanti, e forse addirittura traumatici, per chi visita l’India le prime volte è il traffico, o meglio, il caos totale che regna sovrano durante il giorno nelle strade delle grandi città indiane.
Se fino a circa una trentina di anni fa esse erano frequentate prevalentemente da pedoni, biciclette, ciclorisciò, carri e carretti vari, e solo qualche raro veicolo a motore, oggigiorno si sta verificando un vertiginoso e pericoloso aumento di moto, macchine, jeep, autorisciò, bus e camion che competono furiosamente e rumorosamente, con i “vecchi” utenti delle strade, ancora presenti e numerosi.
Il risultato è una più o meno totale anarchia che sebbene mostri le infinite capacità di adattamento dell’essere umano, allo stesso tempo è un chiaro esempio di spreco di tempo, risorse e mezzi.
I motivi principali di questa deprecabile situazione sono solamente due ma purtroppo, almeno per il momento, entrambi irrisolvibili.
Il primo chiaramente è il cronico sovrappopolamento indiano e l’esagerato numero di utenti delle strade; senza contare che quasi nessuna delle città indiane è stata pianificata, ma sono esplose demograficamente negli ultimi 50 anni.
Vista l’attuale astronomica velocità di crescita della popolazione delle grandi città indiane, c’è da sospettare che, comunque, anche un’eventuale pianificazione avrebbe raggiunto risultati solo parziali: secondo stime accurate dell’ultimo censimento indiano del 2011, la città di Delhi, ad esempio, è aumentata di ben 5 milioni di abitanti negli ultimi 10 anni, con un’allarmante crescita media annua di circa 500.000 persone!
Essendo il problema del traffico sotto agli occhi di tutti, nonché in continua crescita, bisogna citare gli sforzi che vengono fatti, sia localmente che da parte del governo centrale, sebbene i risultati siano ancora scarsi.
Il secondo motivo, causa del traffico senza senso delle città indiane, e forse ancora più irrisolvibile del sovrappopolamento, è l’egoismo umano, o la mancanza di empatia, che in India talvolta raggiunge i massimi livelli.
Senza neanche immaginare di addentrarci in un superfluo confronto culturale, non possiamo però fare a meno di notare come nelle religioni asiatiche manchi completamente il concetto di rispetto del prossimo, una delle (poche?) caratteristiche positive del cristianesimo.
Chiaramente questo non vuol dire che il prossimo venga quindi odiato e respinto: tipica delle religioni asiatiche è infatti la sacralità dell’ospite, ben esemplificata dalla nota espressione indù “Atithi devo bhava” (L’ospite è Dio), che abbiamo modo di provare spesso personalmente nella vita di tutti i giorni.
Ma, secondo la mentalità indiana, finché, per qualche motivo “karmico”, non si entra in contatto con una persona sconosciuta, “gli altri” non esistono nemmeno.
Questo concetto, allargato alle strade indiane, viene esacerbato al punto che non vige nessuna regola e l’unica animalesca legge è quella della giungla: la legge del più forte.
Vivendo nella città indiana più religiosa e più egoista dell’India, Benares, portare degli esempi di quanto detto è fin troppo facile, basti citare la “simpatica” abitudine di tutti i guidatori di mezzi a motore di suonare il clacson ed accelerare in presenza di pedoni, per chiarire, inequivocabilmente, di chi sia la precedenza...
L’uso sfrenato del clacson è un’altra caratteristica a dir poco snervante del traffico indiano, anche se, perfino in molte situazioni solo apparentemente innocue, è dovuto all’elevato numero di imprevisti che possono capitare sulle strade: da pedoni abituati a camminare nei campi, che quindi attraversano tranquillamente senza guardare, a mucche abituate a farsi gli affari loro, che quindi continuano anche quando si trovano sdraiate in mezzo alla strada.
I rumorosi e inquinanti camion hanno addirittura una scritta dietro, ad esempio “Please blow horn”, o “Awaz do” (Per piacere suonare il clacson e Fare rumore, rispettivamente in inglese e hindi), in quanto viene considerata una norma di sicurezza in caso di sorpasso; e, amaramente, dobbiamo confermare che in effetti sia molto utile.
È chiaro come, date queste premesse, le strade indiane sono le più pericolose al  ondo, soprattutto, come abbiamo visto, per i pedoni, ma anche la sicurezza degli altri utenti è minima.
Col passare del tempo alcuni piccoli miglioramenti si notano, soprattutto nelle grandi città come Delhi, e l’uso di cinture e caschi, tanto per citare delle elementari norme di sicurezza della strada, inizia ad essere obbligatorio; seppur non manchino delle complicazioni tipiche indiane.
Per esempio, l’uso del casco, perfino nella capitale, è stato rimandato a lungo per la resistenza dei Sikh, i quali portano spesso un voluminoso turbante che preferibilmente eviterebbero di togliere, e avanzavano la quasi puerile teoria che il turbante in se’ potesse offrire una qualche protezione; teoria, per fortuna, discreditata attraverso dei semplici test.
Nella città di Benares invece, la polizia stessa è contraria all’applicazione di tale legge, adducendo il troppo caldo, scusa accettabile viste le temperature spesso torride, ma aggiungendo come giustificazione, decisamente contestabile, il fatto che comunque, a causa del traffico e della conformazione delle strade, la velocità massima media è di appena 19 km orari, tali da non giustificare l’uso obbligatorio del casco...
Questa perversa mentalità sembra essere anche una delle cause stesse del traffico, visto che in fondo il ragionamento sembra logico: più traffico, meno velocità, quindi meno incidenti gravi; e anche meno criminalità, dato che riuscire a scappare nelle strade indiane succede solo nei film di Bollywood.
Questa supposizione è ulteriormente favorita anche da altri due fattori tipici locali: la massicia presenza di dossi per rallentare la velocità dei mezzi, che si trovano pressoché ovunque, prima e dopo scuole, caserme, banche ed altri edifici pubblici, nonché le notoriamente disastrose condizioni del manto stradale, che fungono anche loro come naturali dissuasori di velocità.
Soluzioni permanenti al problema del traffico indiano al momento all’orizzonte non sembrano essercene (a parte la miracolosa metropolitana di Delhi), seppur sia piacevole notare che il costante aumento demografico è accompagnato anche da un costante aumento dell’alfabetizzazione, e la susseguente diminuzione dell’ignoranza potrebbe col tempo favorire qualche miglioria.

Ad esempio, nella città di Kolkata (Calcutta), che si distingue sia per la densità, il traffico e la povertà, ma anche per la cultura, civiltà e dignità dei suoi abitanti, l’uso del clacson, almeno secondo i parametri indiani, è decisamente limitato.

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