venerdì 5 febbraio 2016

La città di Ajmer

La città di Ajmer si trova nello stato indiano del Rajasthan, circa 350 chilometri a sud della capitale Delhi, ed a soli 11 chilometri da Pushkar, cittadina sacra ed importante meta turistica.
Essendo quella di Ajmer la stazione ferroviaria più vicina a Pushkar, la città viene attraversata da un costante flusso di turisti, ma di solito viene trascurata, anche a causa del traffico caotico che accoglie i visitatori appena fuori dalla stazione.
Indubbiamente l’atmosfera di Ajmer non è neppur paragonabile a quella serena e pacifica, quasi edonistica, della famosa vicina, ma possiede alcune interessanti attrazioni che possono essere stimolo per un breve soggiorno, oppure meta di una piacevole gita di una giornata da Pushkar.
In particolare Ajmer è molto nota nella religione mussulmana per la Dargah (tomba) del santo sufi Khwaja Muin-ud-din Chisti, il quale, giunto dalla Persia nel 1192, trascorse lì il resto della sua vita fino alla morte avvenuta intorno al 1230.
Questo mausoleo è probabillmente il luogo di culto mussulmano più riverito e visitato dell’India, tanto che perfino i più alti dignitari dei paesi islamici in visita ufficiale nel paese, non mancano di fare una visita alla Dargah, spesso lasciando anche consistenti offerte economiche per il mantenimento della struttura.
L’ingresso è consentito anche ai non mussulmani (ma è obbligatorio coprirsi il capo) ed è sicuramente un luogo molto suggestivo, seppur l’atmosfera dipenda dall’affluenza dei pellegrini.
In generale, durante la mattinata ed il tardo pomeriggio, l’area è presa d’assalto da numerosi fedeli, nonché qualche turista, e risulta esserci una certa confusione.
Orario decisamente meno affollato è la mattina presto, ma anche dopo l’ora di pranzo, verso le 14, è possibile trovare momenti insospettabilmente tranquilli, specialmente durante la lunga stagione calda.
Dal tramonto fino all’orario di chiusura, le 21, nell’area retrostante la tomba del santo sono quasi sempre presenti dei musicisti che eseguono canti devozionali sufi, chiamati qawwali.
Il più grande rappresentante di questo stile, il leggendario Nusrat Fateh Alì Khan (1948-1997), suonò più volte nel cortile del Dargah di Ajmer, al quale era legato anche da un curioso episodio personale.
All’età di 8-9 anni, già impegnato nell’apprendimento musicale, sognò che avrebbe suonato nel prestigioso luogo sacro, sogno che realizzò in poco tempo, ad appena 14 anni.
L’area sacra, alla quale si accede attraverso un grande portale, è composta da un grande cortile irregolare, dove si trova una vasca per permettere ai devoti di lavarsi i piedi, alcune moschee e nella parte più lontana il mausoleo del santo sufi.
L’offerta tipica da portare all’interno è costituita da un cesto di petali di rosa, venduti da numerosi negozi all’interno del cortile, che vengono versati sopra alla tomba del santo in un flusso continuo di devoti che girano in senso orario, prendendo la benedizione da sacerdoti sparsi agli angoli della piccola stanza.
Gli esterni e gli interni sono riccamente decorati, come pure il portale d’entrata e quelli laterali.
Anche ai non-mussulmani è concesso entrare nel mausoleo ma essendo quasi sempre molto affollato non si ha il tempo di soffermarsi sui particolari.
In compenso la zona esterna è molto ampia ed è facile trovare un posto tranquillo per poter apprezzare l’atmosfera e magari scattare qualche suggestiva fotografia, che sono consentite ovunque tranne che all’interno del mausoleo.

Fuori dalla Dargah, girando subito a destra nell’affollata strada piena di negozi e bancarelle, e proseguendo in leggera salita per poche centinaia di metri, si giunge alla Adhai-din-ka-Jhonpra, letteralmente il Rifugio dei due giorni e mezzo, una moschea in rovina del XIII secolo.
Il nome deriva dal fatto di essere stata edificata in due giorni e mezzo (adhai significa due e mezzo, e din giorno) poiché è stata in parte ricavata da un’antica scuola di sanscrito e utilizzando materiale di riciclo da vicini templi indù e jaina distrutti verso la fine del 1100, dall’intransigente invasore mussulmano Mohammed di Ghori, proveniente dall’Afghanistan.
Il sito, più o meno lasciato allo sbando, per fortuna si trova in un ampio cortile sopra il livello della strada, il che ne limita in qualche modo la frequentazione e l’usura.
L’edificio, situato in fondo al cortile, consiste in una parte esterna, decorata con motivi islamici, che si tratta chiaramente di un’aggiunta posteriore per proteggere una grande stanza ricca di colonne scolpite, chiaramente provenienti da templi indù e jaina, poste di fronte al mihrab.
La visita di questo sito non richiede molto tempo né il pagamento di un biglietto di ingresso (a parte lasciare qualche rupia agli anziani signori che custodiscono la scarpe che bisogna levarsi per accedere alla moschea) e rappresenta, nella sua sempicità, un esempio del ricco e travagliato passato di Ajmer.

Tornando in centro città, non molto lontano dalla Dargah e di fianco al capolinea cittadino dei rari ed affollati autobus governativi diretti a Pushkar, si trova un inusuale tempio jaina, chiamato Nasiyan Temple, o Jain Red Temple.
In realtà il tempio jaina vero e proprio, adibito al culto, è situato poco oltre e l’ingresso è vietato ai non appartenenti alla religione, ma pagando un economico biglietto è possibile accedere ad una grande stanza, al centro della quale, protetta da una vetrata, si trova una rappresentazione del cosmo secondo la concezione jainista.
Il grande modellino è composto da sculture di legno, pitturate di vernice dorata e colori sgargianti, che mostrano una variegata ed ordinata processione verso una montagna a cono rovesciato, il monte Meru, che rappresenta la meta spirituale da raggiungere nella religione jaina.
Appesi al soffitto con fili di ferro lunghi un paio di metri, sospesi a mezz’aria, si trovano degli improbabili veicoli volanti dalla forma di anatre.
Il tutto in un trionfo di specchi che aiutano a creare l’atmosfera scintillante della stanza.
Particolare di non secondaria importanza, sebbene l’edificio sia piuttosto decrepito, è possibile osservare questo inusuale modellino religioso sia dal primo piano, per poter apprezzare i curiosi particolari, sia da un piano superiore, per poter avere una visuale d’insieme dell’opera.
È anche consentito fotografare, seppure, a causa dei riflessi e della sporcizia dei vetri protettivi, sia difficile ottenere risultati soddisfacenti.

Queste tre attrazioni, ognuna a modo suo interessante, si trovano a poche centinaia di metri tra loro, quindi la loro visita risulta essere decisamente comoda.
Con un minimo di intraprendenza in più, che personalmente però, nonostante le nostre varie visite alla città non abbiamo ancora avuto, è possibile salire, sia a piedi che con mezzi a motore, sulla collina che sorge sopra alla Adhai-din-ka-Jhonpra, per visitare il forte di Taragarh, che significa a forma di stella, presumibilmente per possedere una struttura di tal guisa.
Oltre ad una panoramica vista sulla città sottostante, di cui non dubitiamo, non siamo sicuri che l’interno del forte sia accessibile, motivo per cui non ci siamo mai spinti fin lassù.
Bisogna anche tenere presente che il Rajasthan è ricco di meravigliosi forti e fortezze varie, e se quello di Ajmer non è particolarmente rinomato qualche motivo ci sarà.

Siamo leggermente più colpevoli, invece, di non aver mai visitato il Palazzo di Akbar, situato in pieno centro, dove è ospitato il Museo Governativo locale.
All’interno sono custodite le solite collezioni di sculture, armi e oggetti vari utilizzati dai passati regnanti della città, ma siamo incuriositi dallo stile del palazzo, data l’inusuale versatilità del suo costruttore.
L’imperatore Moghul Akbar fu infatti un noto mecenate delle arti e anche grazie al suo interesse l’architettura Moghul si sviluppò fino all’apice raggiunto, meno di un secolo dopo la sua morte, con il Taj Mahal, fatto erigere da Shah Jahan, nipote abiatico di Akbar.

Come ultime attrazioni di Ajmer si possono citare due ampie riserve d’acqua, costruite nel tempo per rifornire la città.
Il lago Ana Sagar fu costruito nel XII secolo sbarrando un piccolo fiume e si trova nella zona nord della città.
Sulle sponde si trovano due grandi parchi che ospitano dei padiglioni di marmo fatti costurire dal già citato Shah Jahan, anche se l’aspetto e l’odore dell’acqua può essere poco invitante, specialmente in estate quando lo specchio d’acqua tende a prosciugarsi.
Non molto lontano si trova il Foy Sagar, che prende il nome dall’ingegnere inglese Foy che lo creò nel 1892 durante una carestia.
Le colline alle sue spalle offrono un discreto panorama.

Per terminare questa introduzione su Ajmer, brevi dettagli sui servizi offerti ai visitatori.
Nella zona di fronte alla stazione vi sono chiaramente diversi alberghi rumorosi, mentre risultano più tranquilli quelli nei pressi della Dargah, poiché, nonostante i vicoli siano molto affolati, in gran parte sono chiusi ai mezzi a motore.
La qualità non è eccelsa, ma con un po’ di fortuna e di adattamento è possibile trovare camere accettabili per una o due notti.
Per i turisti più danarosi o chi avesse bisogno di un minimo di comfort, sono comunque presenti in città un paio di alberghi di lusso.
Riguardo al cibo, Ajmer, grazie alla forte tradizione mussulmana, è un discreto posto per mangiare carne, particolare non trascurabile per i non-vegetariani, tenendo presente che a Pushkar è completamente bandita.
Pur rischiando qualche lieve danno al proprio fisico e di essere costretti alle lacrime per l’abbondanza di peperoncino, i semplici ristoranti di fronte alla stazione offrono una discreta varietà di kebab e pollo tandori.

Sempre a causa dei divieti vigenti a Pushkar, Ajmer è un comodo posto dove procacciarsi qualcosa di alcolico da bere, in uno dei rari negozietti situati nei pressi della stazione: se si fosse in difficoltà ad individuarli, basta chiedere la direzione a qualche autista di taxi o risciò.

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