venerdì 26 febbraio 2016

Introduzione generale cricket

Il cricket, come molti sport di squadra, fu inventato dagli inglesi e deve la sua sparsa ma omogenea distribuzione internazionale, al fatto che fosse lo sport più praticato durante i lunghi anni della diffusa colonizzazione britannica.
I dieci paesi che fanno parte dell’elite internazionale, dove il cricket è sport professionistico, rappresentano infatti tutti e cinque i continenti, con India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka a rappresentare l’Asia, l’Australia e la Nuova Zelanda l’Oceania, il Sud Africa e lo Zimbabwe l’Africa, l’Inghilterra l’Europa, e infine le West Indies il continente americano.
La squadra delle West Indies è una caratteristica esclusiva del cricket, in quanto non rappresenta un’unica nazione, bensì una federazione di stati caraibici di lingua inglese, ma non solo.
Creata verso la fine del 1800, la Nazionale di Cricket delle Indie Occidentali Britanniche, è anche un ottimo esempio di come lo sport sia molto spesso un veicolo di comunione tra le genti, più di quanto non sia la politica, visto che, al contrario della squadra di cricket che vanta ormai una storia secolare, la Federazione delle Indie Occidentali politicamente fu creata nel 1958, su ispirazione delle federazioni degli stati canadesi e australiani, ma fallì miseramente appena 4 anni dopo a causa di inconciliabili dissidi politici al suo interno.
Venendo all’impatto sociale del cricket in India, bisogna notare come, a causa della cronica povertà, la diffusione dello sport in genere è riservata a un numero molto limitato di praticanti, appassionati ed esperti.
Essendo però una delle poche valvole di sfogo concesse alla gente comune, i successi e gli insuccessi delle varie nazionali vengono seguiti con un notevole interesse.
Addirittura, alcuni anni fa venne stabilito da una ricerca economica che la borsa indiana reagiva in maniera netta alle prestazioni del grande battitore Sachin Tendulkar, dato che, dopo le sue non rare epiche prestazioni, le borse subivano un notevole rialzo nel volume degli affari, dovuto alla ventata di ottimismo, o viceversa, nel caso di altrettanto non rare debacle del Maestro, e quindi della squadra, il seguente pessimismo e malumore diminuivano le attività finanziarie.
Entrando leggermente nel dettaglio tecnico, solo per chiarire a grandi linee in cosa consista il gioco del cricket, e senza neppure avvicinarsi al complicatissimo regolamento, si può definire come uno sport di squadra, di mazza e palla, vagamente simile, per i caratteri generali, all’altrettanto complicato ma leggermente più conosciuto baseball.
Una delle tante caratteristiche che distingue però il cricket da qualunque altro sport di squadra è il fatto di essere diviso in più formati, per l’esattezza tre, in base alla durata delle partite e sono chiamati: Test Match, One Day International e T-20 (o T-Twenty).
Seppur le regole essenziali del gioco subiscano solo leggere modifiche, le differenze tecnico-tattiche sono numerose, come d’altronde succederebbe se il calcio, ad esempio, fosse giocato anche in partite da mezz’ora per tempo, o magari solo 15-20 minuti.
I Test Match rappresentano il cricket originale, come giocato fin dai primi del 1800, con partite sulla distanza dei cinque giorni.
Date le difficoltà organizzative, non ultima la non facile reperibilità di atleti preparati a trascorrere ore sotto al sole a fissare attentamente una pallina pericolosamente dura, che viaggia in media a velocità ben superiori i 100 km/h, questa forma è oggi praticata solo dai dieci paesi che abbiamo detto fanno parte dell’elite mondiale.
Per ovviare quindi a questi problemi organizzativi e favorire una maggior diffusione, anche grazie al progessivo affermarsi in campo sportivo delle televisioni, verso la fine degli anni ‘60 iniziò a diffondersi un formato più breve, che limitando il numero di lanci disponibili per ogni squadra per eliminare i battitori avversari a 300, piuttosto che all’infinito come nei Test Match, ha ridotto la durata delle partite a circa 8 ore, ed è stato quindi giustamente chiamato One Day International.
La prima partita ufficiale internazionale in questo nuovo formato è stata giocata nel 1971 tra Inghilterra e Australia, ma è diventato presto popolarissimo anche perché, finalmente, si sono potuti organizzare dei campionati mondiali che rappresentano la massima espressione di ogni sport.
In quest’era moderna, dove tutto viene velocizzato, anche le partite di un giorno richiedono comunque un grande dispendio di tempo e risorse, così, all’inizio del XXI secolo, si è diffuso un formato di cricket ancora più rapido, in cui i lanci sono limitati a 120 per squadra e le partite durano circa 3-4 ore.
Nel cricket i lanci sono divisi in gruppi di 6, detti over, e volendocene 20 per raggiungere il numero di 120, questo formato viene chiamato T-20.
Secondo i puristi, gli intenditori e i più accaniti appassionati, il vero cricket è quello tradizionale dei lunghi Test Match, i quali, pur correndo il rischio di partite, o lunghe fasi, piuttosto noiose, offrono la possibilità di apprezzare tutte le numerose caratteristiche che rendono questo sport unico, non ultime le fasi di riposo che comprendono: una pausa per il pranzo, un paio per il thé, altre varie per i drinks, più alcune chiaramente di ordine tecnico-sportive.
Il formato da un giorno era stato accettato a malincuore, quasi come un tollerabile compromesso, che però ha fatto felici milioni di persone comuni che finalmente si sono potute avvicinare un po’ di più alla disciplina: poter dedicare un giorno ogni tanto al cricket è infatti ben più facile che dedicargliene cinque di fila.
La versione iperveloce invece, per ovvie ragioni, ha attecchito soprattutto sui giovani, ma a livello tecnico viene considerata, anche dagli stessi addetti ai lavori, poco più che un remuneratissimo allenamento.
Questo formato infatti ha favorito la diffusione e lo sviluppo del cricket, a tal punto da diventare una specie di gallina dalle uova d’oro: con la possibilità concreta di giocare più partite in un arco di tempo minore, sono chiaramente nati i mondiali di T-20, nonché vari e lucrosissimi campionati nazionali, sia in India che altrove, e addirittura una cosiddetta Champions League.
Questo atteggiamento di favorire più il business dello sport, purtroppo sta già iniziando a “strangolare la gallina”, in quanto un calendario internazionale troppo intenso sta scontentando i giocatori, creando molte partite insignificanti e allontanando i tifosi dagli stadi (curioso notare come tutti questi aspetti avvicinino incredibilmente il cricket al calcio).
Nonostante questo, per il momento il cricket sta vivendo un periodo aureo, grazie anche ai successi dell’India, dove è lo sport più popolare per più di un miliardo di persone.

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