martedì 9 febbraio 2016

Khichri

Il khichri è un risotto tipico del subcontinente indiano, molto diffuso grazie ad alcune caratteristiche peculiari in particolare la semplicità e la praticità.
Nonostante esistano numerose varianti, date dall’estesa diffusione geografica, gli ingredienti sono essenzialmente 5: acqua, riso, lenticchie, sale e polvere di curcuma, tutti estremamente economici e facilmente reperibili nei mercati locali.
Data l’assenza di spezie, almeno in questa versione base, il khichri viene quindi considerato un piatto ideale per varie categorie di persone con limiti dietetici.
Ad esempio il khichri è molto apprezzato da asceti, santoni e persone religiose in genere, tanto da essere la ricetta più preparata per i periodi di preghiera e per interrompere i digiuni, nonché per i bandhara, cioè la distribuzione gratuita di cibo che avviene spesso in templi e ashram per celebrare particolari festività. Senza dimenticare che il khichri pare essere il cibo preferito del dio Shiva.
Al di fuori dell’ambito religioso, esso è molto diffuso anche negli ospedali e tra i malati in genere, in quanto risulta essere facilmente digeribile, sicuramente più di qualunque altro cibo locale che in questa parte dell’Asia tende ad essere sempre molto condito e speziato, quindi poco adatto ai degenti.
La praticità del khichri è data dal fatto che per prepararlo gli ingredienti vanno messi dentro ad una pentola a pressione e cucinati insieme, richiedendo quindi un numero decisamente limitato di utensili e combustibile.
Queste caratteristiche, di fatto, fanno del khichri una delle ricette indiane maggiormente cucinata ed apprezzata anche da parte degli stranieri che vivono a lungo in India.
Essendo diffuso dal Pakistan al Banlgadesh e dal Nepal allo Sri Lanka, esistono numerosissime varianti regionali al khichri tradizionale, tra cui addirittura una versione dello stato indiano del Maharashtra che prevede l’utilizzo di gamberoni.
Le differenti versioni regionali sono in realtà tentativi di rendere il piatto leggermente più gustoso, visto che gli ingredienti base sono piuttosto poveri di sapore, seppur  in questo modo vengano meno le qualità della “purezza” e dell’alta digeribilità: ad esempio, la versione con i gamberi chiaramente non è adatta a religiosi, vegetariani e degenti.
Tra gli ingredienti tollerati da tutti, uno dei più apprezzati è sicuramente l’assafetida, una polvere estratta dalla resina delle radici di una pianta del genere ferula, di origine persiana.
Il suo sapore molto pungente viene utilizzato nella cucina indiana come surrogato all’aglio ed alla cipolla, considerati spesso cibi non-puri per pratiche religiose (al contrario dell’assafetida), ed avendo un aroma estremamente potente, bastano pochi granellini per dare al khichri un po’ di “carattere”.
Ingredienti decisamente più consistenti sono invece le verdure, partendo dalle onnipresenti patate, cipolle e pomodori ma, volendo, si possono aggiungere anche melanzane o rape, senza dimenticare, specialmente in inverno, qualche pisello.
In questo modo il piatto assumerà qualche gusto in più, ma per dare una decisa sterzata ai sapori, la soluzione migliore è praparare un soffritto da aggiungere nella pentola a pressione una volta che il khichri è pronto.
Preferibilmente l’olio da utilizzare è quello di semi di senape, molto forte e nutriente, per cui un paio di cucchiai possono essere già sufficienti.
Tra le spezie, imprescindibili sono alcuni semi di cumino, a cui si possono aggiungere qualche pezzetto d’aglio, di zenzero e un po’ di peperoncino.
Venendo alla preparazione, come detto, basta mettere riso, lenticchie, sale, curcuma, assafetida ed eventuali verdure dentro ad una pentola a pressione, con una quantità d’acqua che copra di qualche centimetro (3-4) gli ingredienti.
Le dimensioni dei tagli della verdura dipendono dalla consistenza e dal loro supposto tempo di cottura, quindi,ad esempio, le patate vanno tagliate in pezzi più piccoli rispetto alle melanzane, mentre cipolle e pomodori basta dividerli in due o in quattro, visto che verranno in ogni caso quasi sciolti durante la cottura.
Per una porzione da 1 persona, con 60-70 grammi di riso e 60-70 di lenticchie, bastano circa 25 minuti: minore sarà il tempo di cottura maggiore sarà la consistenza, mentre lasciato più a lungo si trasforma in una specie di puré.
Anche la quantità d’acqua incide molto sulla consistenza, troppa rischia di ridurre il tutto ad una brodaglia, mentre poca acqua potrebbe produrre come risultato un cemento, probabilmente utile nell’edilizia, ma difficilmente digeribile da uno stomaco umano; senza contare che si rischia pure di bruciare il fondo della pentola.
Chiaramente è possibile cucinare il khichri anche in una pentola normale, seppur in questo caso i tempi di cotttura si allungano decisamente.
Molto popolare tra i pellegrini delle zone rurali è la preparazione del khichri all’interno di giare di terracotta “usa e getta” che donano anche alla pietanza un ulteriore caratteristico sapore.
Il soffritto, invece, è molto comodo prepararlo dentro un mestolo da mettere direttamente sopra il fuoco, soprattutto nel caso si tratti solo di semi di cumino.
Se si intendono aggiungere anche aglio e zenzero, e magari peperoncino fresco, allora bisognerà utilizzare un tegamino.
In ogni caso, quando i semi di cumino iniziano a scoppiettare e a coprire l’odore “gassoso” dell’olio di senape, si versa il soffritto dentro alla pentola a pressione con il khichri pronto, stando attenti alla nuvola che si sprigiona dalla reazione dell’olio bollente nell’acqua del khichri.

Una volta schivata la zaffata di olio e spezie bruciate, si remescola bene il tutto e il khichri  è pronto.

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