lunedì 8 febbraio 2016

Incensi

La tradizione di bruciare incenso, oli ed essenze profumate, è comune, fin dall’antichità, in numerose parti del mondo.
L’India non fa eccezione, anzi, grazie alla presenza di varie piante adatte allo scopo produce da secoli diversi tipi di incensi.
Il notevole uso che ne viene fatto quotidianamente deriva dal forte legame religioso, che fa degli incensi, ad esempio, un elemento fondamentale per ogni tipo di cerimonia indù, dalle semplici pooje private a quelle più elaborate dei templi.

Gli incensi reperibili più comunemente nei mercati e nei negozi indiani, possono essere divisi sommariamente in due categorie: quelli preparati utilizzando una sottile striscia di bambù e quelli che ne sono privi, presentandosi quindi sotto forma di paste più o meno essiccate.
A loro volta gli incensi dotati di bastoncino possono essere suddivisi in due sotto-categorie: quelli sintetici e quelli naturali, una divisione che si rispecchia spesso anche nell’esposizione dei negozi migliori, che hanno sezioni distinte per queste due tipologie.
I primi sono prodotti industrialmente usando oli e polveri aromatiche chimiche, e sebbene siano di qualità scadente, sono i più economici e quindi i più utilizzati.
Di solito, anche se ne esistono numerosissime fragranze, sono riconoscibili dal loro tipico colore scuro, dato dagli ingredienti più comuni per la preparazione industriale.
Chiaramente alcune marche sono migliori di altre ma in genere sono rari quelli di buona qualità.
Nella maggior parte dei casi gli incensi sintetici sono usati nelle cerimonie religiose quotidiane dove assumono un significato simbolico e la qualità non è certo un fattore molto importante.
A parte quelli in formati particolarmente lunghi o spessi, di solito bruciano abbastanza velocemente, in circa venti minuti, producendo un fumo leggermente tossico ma non molto pesante.

Gli incensi naturali muniti di anima in bambù si distinguono da quelli sintetici per le diverse tonalità dei colori, soprattutto sul marroncino-grigio chiaro, che dipendono chiaramente dai differenti ingredienti, compresa una morbida polvere che ricopre la parte aromatica da bruciare; per questo, i migliori sono molto delicati e bisognerebbe maneggiarli con cura toccando solo la parte terminale di bambù.
Anche questa sotto-categoria degli incensi naturali con bastoncino può essere divisa ulteriormente in due tipologie, tra quelli industriali, prodotti e confezionati utilizzando macchinari durante almeno un passaggio della lavorazione e quelli artigianali, preparati interamente a mano.
I primi si presentano dentro le solite scatole ricche di disegni, talvolta decisamente esotici, ma per capire se sono davvero naturali bisognerebbe controllare il prodotto e fidarsi dell’onestà del venditore.
Talvolta sulle scatole vi è scritto “natural”, ma questa parola viene spesso usata truffaldinamente come marca, sottomarca, serie o collezione, da parte di fabbriche che producono in reltà incensi sintetici.
La scelta degli aromi di quelli naturali, seppur ampia, è minore e tra i più diffusi possiamo segnalare: ambra, muschio, sandalo, gelsomino, misti di fiori e champa.
Quest’ultimo è un tipico aroma composto da halmaddi, una resina grigia estratta dalle piante ailanthus triphysa, che viene applicata sul batoncino di bambù e quindi ricoperta con polvere di sandalo e frangipane
Oltre al piacevole odore vagamente balsamico, l’halmaddi è una sostanza igroscopica, cioè assorbe l’umidità dell’aria, quindi tecnicamente gli incensi con questo ingrediente non sono mai secchi e bruciano a lungo producendo poco fumo.
Molto noti, sia in India che all’estero, sono gli incensi Nag Champa (la tipologia di Champa più diffusa), prodotti da una marca chiamata Satya Sai Baba, che possono essere considerati un buon esempio di incenso naturale, prodotto industrialmente, di ottima qualità.

Gli incensi artigianali sono più difficili da reperire sul mercato, almeno nel nord dell’India, mentre al sud, dove è concentrata la produzione, presumibilmente sono più comuni ma purtroppo manchiamo di una approfondita conoscenza diretta.
Ciononostante, i migliori negozi, in tutto il paese, sono di solito forniti di alcuni incensi artigianali, confezionati da ashram (ostelli religiosi) o piccole cooperative.
Allo scopo si possono anche tenere d’occhio gli ashram e i centri dell’ISKCON, l’associazione cui fanno capo i seguaci Hare Krishna, che spesso producono e commercalizzano ottimi incensi, confezionati sicuramente con sistemi ed ingredienti naturali.
La qualità degli incensi artigianali di solito è alta ma i prezzi non eccessivi, poiché si risparmia sulla confezione, visto che sono commercializzati in semplici pacchi di plastica trasparente oppure, quelli più delicati, in scatole di cartone anonime prive di marchi.
Quasi sempre, soprattutto quelli in scatola, sono ricoperti di moltissima polvere profumata che garantisce non solo la freschezza dell’aroma ma anche una lenta combustione con modesta quantità di fumo.
In realtà alcuni, pur non avendo dimensioni particolari, impiegano addirittura un’ora a bruciare completamente e in questi casi, se all’interno di stanze chiuse o poco ventilate, creano una discreta coltre.
Gli incensi artigianali non sono disponibili in moltissime fragranze ma la qualità, come detto, è alta.
Tra gli aromi più originali, difficilmente reperibili in confezioni industriali, sono gli incensi allo zafferano, dolci, intensi ma non aggressivi.
Spesso, oltre alle leggere differenze nel colore della pasta, anche il bastoncino di bambù è colorato ma non per puri fini commerciali come accade per quelli sintetici o industriali, bensì per facilitarne il riconoscimento durante le fasi di produzione e confezionamento.

Un discorso a parte riguardo gli incensi indiani muniti di bastoncino di bambù, va fatto per gli incensi della nota marca Auroshikha, prodotti ad Auroville, una grande comunità internazionale di artigiani e artisti, situata a Pondicherry, nel sud dell’India.
Questi incensi sono apprezzati da molti anni in tutto il mondo per i loro numerosissimi aromi, discreti e piacevoli, seppur talvolta pericolosamente simili a deodoranti.
Questo perché sono prodotti a mano ma con oli ed essenze chimiche, che a loro volta sono però garantiti per essere privi di ogni tipo di sostanza tossica.
La loro origine industriale è chiaramente intuibile dal colore scuro di quasi tutte le fragranze, seppur vi siano eccezioni, come quelli al sandalo, che sono, probabilmente, i migliori incensi prodotti da questo pregiato e profumato legno.

Spesso in India, nell’acquisto di incensi al sandalo, è possibile cadere anche in un comune fraintendimento, dovuto al fatto che in hindi viene chiamato chandan, ma l’aroma di incensi che porta quel nome, seppur basato sul sandalo, è, per definizione, mischiato con altre essenze.
Anche il chandan è una fragranza piacevole ma ben diversa da quella del sandalo puro, per ottenere il quale bisognerebbe specificare sandalwood (legno di sandalo), anche se questo non è garanzia di ottenere quello che si desidera.
Quindi se si gradisce un puro aroma di sandalo, la soluzione migliore è acquistare quelli della Auroshika.

Gli incensi privi di bastoncino sono presenti sui mercati indiani in almeno quattro tipologie: i dhoop, una pasta  scura gommosa; in piccoli coni o cilindretti secchi; a bastoncino, ma senza anima in bambù, come quelli tipici tibetani; e sotto forma di cordini di carta attorcigliati.
I dhoop, la cui fragranza più diffusa è l’appena citata chandan, sono prodotti chimicamente e bruciano creando un fumo molto denso dall’aroma intenso ma dolce e piacevole poiché floreale, e vengono utilizzati principalmente all’aperto.
Comuni nelle cerimonie religiose, sono forse ancora più utilizzati dai venditori di cibo di strada, specialmente in estate, per limitare in qualche modo la presenza degli insetti volanti, mosche su tutti.

I coni e i cilindretti sono prodotti da una pasta di incenso secca, quasi sempre naturale, e vengono bruciati appoggiati a piccoli piattini di metallo presenti all’interno delle confezioni.
Il loro aroma, di solito in poche fragranze tipo sandalo e gelsomino, è molto leggero e non avendo il bacchetto di bambù producono poco fumo.
Non essendo tra i più venduti, talvolta possono essere eccessivamente secchi e in questi casi posseggono poco profumo e rischiano di spegnersi.
Ad ogni modo sono piuttosto apprezzati dai consumatori abituali per il distintivo aroma asciutto.

Gli incensi tibetani, a bastoncino ma privi di bacchetto di bambù, sono chiaramente molto diffusi nelle comunità buddiste ma di solito in India non sono di alta qualità.
Le fragranze non hanno nomi specifici, poiché vengono prodotti utilizzando una trentina di ingredienti, tra cui numerose erbe.
In India, ed anche all’estero, purtroppo come i coni e i cilindretti, spesso rischiano di essere troppo secchi, fattore che diminuisce la fragranza e aumenta il tipico retro aroma “terroso-umido”, non sempre apprezzabile.
Bisogna anche notare che questi incensi sono molto più adatti alle fredde zone di montagna, piuttosto che le calde pianure.
Simili a questi incensi tibetani sono quelli prodotti dalla diffusissima marca Panchavati, confezionati in piccole scatole dal bordo giallo, con un anellino di metallo dove inserire il bacchetto.
L’aroma è leggermente pungente ma gradevole, e grazie anche alle dimensioni ridotte e l’assenza del bastoncino di bambù, non producono eccessivo fumo.
Recentemente questa marca sta commercializzando un secondo aroma, al sandalo, piacevole ma non come il Panchavati classico e neppure l’ottimo sandalo della Auroshikha.

L’ultimo tipo di incensi viene venduto comunemente anche nei piccoli negozi che commerciano materiale religioso ed è prodotto utilizzando dei fogli di sottile carta leggermente porosa che vengono arrotolati insieme alla polvere di incenso per farne dei cordini, lunghi una ventina di centimetri, che vengono attorcigliati su sé stessi.
La particolarità di questi incensi dall’aroma piuttosto leggero, secco  e floreale (tra gli ingredienti supponiamo la presenza del gelsomino) è che riescono a rimanere freschi a lungo, poiché la polvere d’incenso, essendo avvolta nella carta, è protetta dall’aria.
Sono anche estremamente pratici per il trasporto, poiché non c’è la possibilità di romperli e per questo motivo sono molto diffusi anche in Nepal e Tibet, dove, di contro, i diffusissimi incensi tibetani privi di anima in bambù sono invece particolarmente fragili.

Venendo ai bruciatori dei più comuni incensi con bacchetto, sono presenti sul mercato in un’infinità di forme e materiali ma il migliore rimane sempre la piccola striscia di bambù, leggermente rialzata da un lato, dove si trova il buco per inserire i bastoncini.
Sono sicuramente i migliori per le ridotte dimensioni e il riuscire a raccogliere quasi tutta la cenere che cade durante la combustione.
Molto apprezzabile è anche la soluzione, derivata da questo modello, che prevede una lunga scatola di legno, con un coperchio traforato, dentro alla quale viene posto l’incenso.
In questo modo si è sicuri che la cenere non venga dispersa e che l’incenso bruci con regolarità poiché riparato da eventuali correnti d’aria.
La dimensione di queste scatole non è ridottissima ma spesso, sotto allo spazio dove viene posto l’incenso, si trova un sottile cassetto, apribile lateralmente, dove è possibile conservare al sicuro qualche bacchetto particolarmente delicato.

Infine, un piccolo e semplice suggerimento personale sul consumo di incensi.
In occidente sono molto apprezzati per le loro esotiche fragranze, ma allo stesso tempo non sono molto utilizzati a causa del fumo che producono, considerato generalmente un fastidio, se non proprio dannoso.
Utilizzarli con le finestre aperte, specialmente quelli più pregiati, in realtà è quasi uno spreco perché non si permette all’aroma di diffondersi propriamente ed invadere omogeneamente l’atmosfera.
Risulta quindi un discreto compromesso bruciare un incenso in una stanza chiusa ma vacante, dove soggiornare successivamente, poco dopo lo spegnimento dell’incenso, aprendo brevemente una finestra solo per far uscire il fumo accumulatosi.
In questo modo si dovrebbe apprezzare pienamente l’aroma senza dover respirare fumo.

Lasciare incustodita una potenziale fonte di fuoco può sembrare un’imprudenza ma possiamo affermare, per esperienza diretta, che appiccare un incendio con un incenso richiede la mano esperta di un piromane. 

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