sabato 13 febbraio 2016

Parabola del karma e del figlio dell'astrologo

C’era una volta una coppia che per molti anni pregò il signore Shiva prima di essere benedetta con un figlio.
Quando il padre, che era l’astrologo di corte, fece l’oroscopo del figlio, fu inorridito nell’apprendere che il ragazzo sarebbe morto nel giorno del suo nono compleanno, dopo aver pagato ai suoi genitori la somma di centomila rupie.
Questo era il rnanubandhana (la relazione karmica) tra il ragazzo ed i suoi genitori, la ragione per cui era nato in quella famiglia.
Il padre rimase pure perplesso: da dove avrebbe potuto prendere una somma simile un bambino di nove anni?
L’assurdità della situazione lo rassicurò un poco ma, per essere ancora più sicuro, non permise quasi mai al figlio di uscire di casa, neppure per andare a scuola, così che non potesse in alcun modo guadagnare del denaro.
Tuttavia il ragazzo imparò inevitabilmente un po’ di astrologia, poiché suo padre era un esperto e la gente andava regolarmente a consultarsi con lui.
Per scongiurare ogni eventualità, l’uomo ammoniva continuamente la moglie dicendole di non accettare mai nulla da loro figlio e lei lo rassicurò sempre che non l’avrebbe fatto.
Quando mancavano solo tre giorni al nono compleanno del figlio il padre pensò “Passato questo periodo la congiunzione astrale pericolosa non si presenterà più per almeno cent’anni e non ci sarà da preoccuparsi”.
Un giorno prima, mise ancora in guardia la moglie, ma non si accorse che stava già vivendo un’illusione.
Mahakala, la morte, possiede sempre le sue vittime sei mesi prima del tempo prefissato per la morte e fa sì che l’individuo compia le azioni che la causeranno nei tempi e nei modi prescritti. E anche in questo caso non andò diversamente.
La moglie del Re di quel paese era rimasta finalmente in cinta, dopo anni di sterilità.
Poco prima del felice evento, il figlio dell’astrologo stava passeggiando nel giardino del palazzo, quando vide la moglie di un giardiniere raccogliere fiori.
Con tutta la sua innocenza infantile le chiese “Dove stai andando con tutti questi fiori?”.
Lei rispose “Servono per decorare la camera da letto della Regina, che sta per partorire”.
“Vengo con te”, propose il ragazzo.
“Non puoi, solo alle donne è permesso entrare”.
“Fammi mettere un sari così che anch’io possa entrare”, e la guardò così teneramente che fu costretta ad acconsentire.
In realtà Mahakala aveva preso possesso del bambino ed era Lui che le dava ordini, altrimenti la moglie del giardiniere non avrebbe mai osato portarlo con sé, conoscendo la dura punizione che avrebbe ricevuto se fosse stata scoperta.
Così andarono al palazzo come madre e figlia.
Là, proprio nel momento in cui la Regina stava partorendo, il ragazzo, ispirato da Mahakala, prese un rametto e scrisse sul muro, con la saliva rossa dal paan che stava masticando “Questo bambino supererà il padre in ogni campo e vivrà per centoventicinque anni”.
Quindi lui e la moglie del giardiniere uscirono.
Pochi minuti dopo la nascita, arrivarono gli astrologi, guidati dal padre del ragazzo, e quando fecero l’oroscopo furono tutti d’accordo “Se mai il padre dov’esse vedere il volto di questo bambino morirà immediatamente”.
Udita la notizia, il Re, che non poteva permettersi di morire senza un erede lasciando il regno allo sbando, chiamò due macellai e gli ordinò di portare lontano il bambino ed ucciderlo.
La regina era addolorata, ma si consolò al pensiero che suo marito sarebbe vissuto ancora e lei avrebbe potuto avere altri bambini.
Portato il neonato nella foresta, i due macellai si dissero “Che cosa avrà mai fatto questo bambino per essere ucciso il giorno stesso in cui è nato?”.
Non riuscirono quindi ad ucciderlo, ma lo lasciarono sotto ad un albero, uccidendo al suo posto un cerbiatto per portare gli occhi al Re e provare che avevano eseguito il suo ordine.
Ora il Re si sentiva pieno di rimorso, colpevole sia di aver ucciso un neonato che il proprio figlio, finché andato a trovare la moglie non lesse la scritta sul muro.
Chiamò le guardie ed ordinò di trovarne l’autore.
Interrogando tutti quelli che erano stati lì, giunsero quindi alla moglie del giardiniere, la quale ammise che il giovane figlio del capo astrologo era entrato con lei, travestito, e aveva scritto quelle parole.
Nel frattempo il ragazzo era tornato felicemente a casa, aveva mangiato il suo pranzo e stava riposando, come se sapesse ciò che stava per accadere.
Ad un tratto infatti arrivarono degli ufficiali che lo prelevarono e lo condussero a corte.
Il Re lo mise a confronto con la scritta sul muro ed il ragazzo disse coraggiosamente “Ciò che ho scritto non può essere sbagliato, il bambino non può essere morto”.
Un ragazzo di nove anni non poteva essere così sicuro di sé e parlare in quel modo: era chiaramente Mahakala che stava operando attraverso di lui.
Il Re fece allora chiamare i due macellai i quali, dopo aver negato, confessarono di non aver ucciso il neonato.
Il Re e la corte si precipitarono nella foresta e trovarono il bambino ancora vivo sotto ad un albero, con la fame appagata dal miele che colava da un favo pendente da un ramo.
Il figlio dell’astorlogo disse al Re “Hai visto il volto di tuo figlio e sei ancora vivo!”.
Il Re, rimasto senza parole, gli chiese “Come hai potuto indovinare, quando tutti i miei astrologi hanno sbagliato?”.
“Io ero presente al momento preciso della nascita: mio padre e gli altri astrologi sono arrivati dieci minuti dopo”.
Il Re fu così contento che prese un foglio di carta e vi scrisse “Pagate al portatore di questo biglietto centomila rupie dal tesoro imperiale”.

Il ragazzo, felicissimo, corse a casa dalla madre che lo accolse sulla porta, lui le saltò in braccio, pose il biglietto nelle sue mani e morì.

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