venerdì 5 febbraio 2016

La città di Junagadh

La città di Junagadh si trova nella zona centro-meridionale della penisola del Kathiawar, nella regione del Saurashtra dello stato indiano del Gujarat.
Nonostante la posizione al di fuori dei circuiti turistici più battuti, Junagadh è una cittadina interessante e prospera, dal ricco passato e l’attivo presente.
Con una popolazione intorno ai duecentomila abitanti risulta essere leggermente meno caotica delle più popolose città indiane, sebbene il traffico e lo smog anche a Junagadh raggiungano livelli allarmanti.
Pur non essendo un luogo sacro di per sé, è nota tra i pellegrini, soprattutto asceti e santoni, per la vicina Girnar Hill, una collina venerata sia da induisti che jainisti.
In realtà non si tratta di un’unica collina, bensì di una catena collinare che ospita, in una valletta, un complesso di antichi templi di pietra jainisti, mentre su tre cime sacre sono situati i templi indù.
Per raggiungere la vetta più alta bisogna percorrere un’interminabile sentiero lastricato, composto da circa diecimila gradini che si inerpicano tra le colline: lo sforzo è ampiamente ripagato dalla tranquillità e dal panorama sulla pianura sottostante.
Va anche notato che gli abitanti del Gujarat sono particolarmente cordiali, soprattutto nei luoghi sacri, e la loro presenza aiuta sicuramente a creare una piacevole atmosfera.
I templi jainisti, a circa due terzi della salita, sono dedicati ad alcuni dei 24 Tirthankar, i profeti della religione jaina.
Al giorno d’oggi solo uno è adibito al culto mentre altri necessiterebbero di qualche lavoro di ristrutturazione, ma offrono in ogni caso un ottimo esempio dell’elaborata architettura jaina del XII-XIII secolo, in un contesto decisamente suggestivo.
Altrettanto suggestivi sono gli asceti jaina, vestiti di bianco, con la bocca coperta da un panno, i campanellini ai piedi e uno scopino di cotone legato in vita, tutti accorgimenti che dovrebbero aiutarli a non uccidere inavvertitamente neppure la più piccola creatura.
I templi indù sulle tre cime sacre sono artisticamente piuttosto modesti ma molto importanti religiosamente, seppur la posizione scomoda non li renda molto frequentati.
La cima più alta ospita un tempio dedicato a Dattatreya, una divinità considerata incarnazione di Vishnu e il maestro di Shiva, mentre gli altri due sono in onore di Goraknath, un mistico asceta del XIII secolo, e Amba Devi, una divinità femminile legata alla prosperità delle coppie sposate.
Durante le feste ed i periodi di maggior afflusso, per i pellegrini impossibilitati a salire la collina a piedi (ci vogliono circa tre ore all’andata ed un paio al ritorno), viene offerto un servizio di palanchini, chiamati dholi, sorretti da quattro portatori, di solito neppure molto robusti; il prezzo dipende dal peso quindi i clienti devono essere pesati come sacchi di patate.

Lungo la strada che collega Junagadh alla Girnar Hill, si trova uno dei famosi editti di Ashoka, l’antico imperatore indiano che lasciò nel suo vasto regno numerose inscrizioni su pietra per la diffusione della religione buddista e dei suoi principi morali.
Sebbene oggigiorno siano stati individuati una trentina di questi editti, in una grande area che va dall’Afghanistan al Bangladesh, quelli inscritti sulle rocce di Junagadh sono considerati i più antichi tra quelli rinvenuti (circa 260 a.C.), probabilmente i primi scolpiti dopo la nota conversione dell’Imperatore al buddismo.
Come avvenuto in taluni di questi siti, sulle rocce di Junagadh, nei secoli successivi ad Ashoka, altri imperatori, sfruttando la sua idea, hanno lasciato delle inscrizioni: nel 150 d.C. Rudraman I, Re della dinastia Shaka, e nel 450 d.C. Skandagupta, ultimo grande imperatore della dinastia Gupta.
Gli editti di Ashoka sono in lingua prakriti (uno dei dialetti pre-sanscrito) e caratteri brahmi (dai quali si svilupperà in seguito la scrittura indiana devnagari), mentre quelli successivi sono in lingua sanscrita, in caratteri brahmi i primi, in caratteri gupta i secondi.
La roccia si trova all’interno di una semplice costruzione, dove alcuni cartelli traducono i contenuti delle inscrizioni, e sebbene non vi sia molto da vedere, l’importanza di questo sito è notevole.

In città il luogo di maggior interesse storico è l’antichissimo forte di Uperkot che pare sia stato iniziato dal grande imperatore Chandragupta, fondatore delle dinastia Maurya, intorno al IV secolo a.C. e successivamente ampliato dai sovrani che si sono succeduti.
La testimonianza più antica è una piccola grotta sotterranea che, nel II secolo d.C., sembra sia stata un tempio buddista, vagamente intuibile da un paio di colonne scolpite.
Come nel caso degli editti di Ashoka non c’è molto da vedere (e anche in questo caso bisogna pagare 100 rupie di ingresso perché il sito è protetto dal Dipartimento Archeologico Indiano) ma l’importanza dal punto di vista artistico è incalcolabile poiché si tratta di un raro esempio, seppur sbiadito, di archeologia rupestre buddista in questa parte del subcontinente.
La maggior parte degli edifici all’interno delle mura del forte di Uperkot sono stati eretti o ristrutturati da più recenti regnanti mussulmani, come dimostrato dallo stile architettonico ricco di cupole, minareti ed elaborati archi.
In particolare è possibile visitare una grande moschea, una tomba e due pozzi a gradini, tipici di Rajasthan e Gujarat, seppur non siano sempre aperti al pubblico.
L’intera struttura infatti necessita di estesi lavori di restauro, seppur l’attuale stato di semi abbandono offra un’atmosfera molto affascinante.

Nei pressi della stazione ferroviaria di Junagadh, in pieno centro, è situato un grande spiazzo che ospita il Mahabat Maqbara, un meraviglioso mausoleo costruito per uno dei nababbi della città a fine ‘800.
La particolarità di questo edificio quadrato è data dagli armoniosi minareti all’esterno dei quali ruotano le scale a spirale per raggiungere la cima.
Oltre al Mahabat Maqbara che troneggia al centro dello spiazzo,  a fianco vi è un altro mausoleo più piccolo, sempre in questo pregevole ed originale stile indo-islamico.

Seppur l’idea di tenere degli animali in gabbia sia di per sé deplorevole, bisogna notare come non tutti gli zoo siano delle tetre prigioni e quello di Junagadh, per fortuna, non lo è.
Fu infatti istituito da un nababbo della città nel lontano 1863 per proteggere i leoni asiatici, la cui ultima popolazione selvatica risiede nelle foreste del Parco Nazionale di Sasar Gir, situato a circa sessanta chilometri da Junagadh.
In particolare questo zoo è dedicato ai felini, con una nutrita presenza di leoni, tra cui alcuni africani per permettere un facile confronto con quelli asiatici, tigri e leopardi.
All’interno dello zoo è presente anche un piccolo museo, dove, oltre a reperti archeologici provenienti dai siti dei dintorni, vi è una discreta sezione dedicata alla storia naturale.

Per gli amanti di armi, palanchini e altre cianfrusaglie di pregio appartenenti ai nababbi che governarono la città, tra le strade affollate del centro è situato il Durbar Hall Museum.
Ammettendo di non averlo visitato, supponiamo possa essere un luogo pieno di oggetti curiosi e rappresenta sicuramente una testimonianza della recente storia della città.

Dal punto di vista prettamente pratico, la città di Junagadh non offre soluzioni particolarmente interessanti per quanto riguarda alberghi e ristoranti, ma chiaramente non si è costretti a dormire per strada né a morire di fame.

Anzi, in particolare riguardo al cibo, il Gujarat è noto per la cucina decisamente diversa dal resto dell’India, meno piccante, più dolce ed alla ricchezza dei thali (economici set completi) ed anche a Junagadh non è difficile trovare qualche buon posto. 

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