domenica 28 febbraio 2016

Cibo nepalese: dal-bhat, chowmein e momo

Nonostante il Nepal sia un paese di dimensioni ridotte (con una superficie circa la metà dell’Italia) e privo di sbocchi sul mare, la cultura nepalese risulta essere piuttosto varia, grazie principalmente a due fattori.
Il primo sono le numerose etnie che compongono la popolazione (di nuovo circa la metà dell’Italia), che nell’arco dei secoli si sono insediate nei territori che oggi formano il Nepal.
Il secondo fattore che favorisce la ricchezza culturale nepalese è la vicinanaza con altre due culture anch’esse molto antiche e complesse come quella cinese ed indiana.
Queste influenze sono evidenti in molti aspetti della vita nepalese, tra i quali chiaramente anche la cucina.
In realtà parlare di ricercatezze culinarie in Nepal può sembrare ironico, se non proprio sarcastico, viste le ancora numerose aree del paese flagellate da una malnutrizione cronica.
Coloro i quali vivono in zone più favorevoli hanno comunque i loro problemi e si possono ritenere fortunati se riescono a consumare almeno due pasti al giorno.

Pasti che chiaramente non hanno nulla a che vedere con gli elaborati menù dei ristoranti turistici, bensì consistono nel cosiddetto piatto nazionale nepalese, dal-bhat-tarkari (abbreviato in dal-bhat), brodo di lenticchie, riso e verdure, che in realtà è il cibo di cui si nutrono quasi tutti gli abitanti dell’intero subcontinente indiano.
Le numerose varianti regionali e locali non sono di certo dovute a particolari ricercatezze o raffinatezze culinarie, ma dipendono dalla disponibilità degli ingredienti, in base a posizione geografica e stagione.
Bisogna notare però che il brodo di lenticchie nepalese è più ricco e gustoso di quello tipico indiano e le verdure, potendo contare anche su prodotti collinari, leggermente più varie e saporite.
L’utilizzo del riso, invece che del pane come nel vicino nord dell’India, deriva dalla scarsità di aree coltivabili a farinacei, dovuta al territorio in gran parte collinare, e ad una minor influenza culturale mussulmana.
I tipici terrazzamenti himalayani vengono dedicati principalmente al riso, seppur in realtà la produzione nazionale non raggiunga la richiesta ed il Nepal è costretto ad importare anche il riso, soprattutto dall’India.

Una diffusa alternativa all’altrimenti monotono dal-bhat sono i noodles istantanei con i quali preparare veloci zuppe o i chowmein, cioè spaghetti di riso saltati in padella con verdure e/o carne ed olio di soia.
I chowmein in particolare sono molto apprezzati grazie ad alcune semplici caratteristiche: i prezzi modici, per la presenza sul mercato di numerose marche che producono pacchettini disponibili per poche rupie; la facile reperibilità degli ingredienti, oltre agli spaghetti di riso, bastano qualche pezzetto di carota, verza, cipolla o peperone, e una spruzzzata di olio di soia; la semplice e veloce preparazione, che rispetto a lenticchie, riso e verdure, ha quindi anche il grande vantaggio di richiedere un minor utilizzo di prezioso combustibile.
Per rendere il piatto un tantino più sostanzioso ed appetitoso è diffuso l’utilizzo di uova, sotto forma di striscie di omelette, o qualche pezzetto di carne, in particolare pollo, seppur nessuna tipologia di carne si sposi particolarmente bene con gli spaghetti di riso nepalesi.

Per finire il trittico delle pietanze più diffuse in Nepal, veniamo ai momo, la gustosa versione nepalese dei ravioli tibetani.
Rispetto a dal-bhat e noodles, che sono diffusissimi sia tra le mura domestiche che in ogni tipo di ristorante, i momo difficilmente vengono cucinati in casa, a causa della non proprio praticissima preparazione, ma vengono serviti da onnipresenti bancarelle, da numerosi piccoli locali specializzati, nonché proposti in quasi tutti i ristoranti più costosi; questo garantisce che un piattino di momo caldi se lo possano permettere quasi tutti, a prescindere dalla condizione economica.
La cottura prevede l’utilizzo della mucktoo, la pentola per i momo, composta da un’ampia base dove viene messa a bollire l’acqua e sopra alla quale vengono disposti uno sopra l’altro 2-3 vassoi bucherellati, dentro ai quali sono posizionati i ravioli, che si cuociono quindi grazie al vapore acqueo.
Normalmente vengono serviti semplicemente insieme ad una salsina piccante, di solito a base di pomodoro, ma è anche piuttosto diffusa ed appetitosa la versione fritti, che prevede, dopo la cottura al vapore, l’immersione in abbondante olio bollente fino a fargli raggiungere una croccante doratura.
In una versione leggermente più ricercata, i momo vengono chiamati kothey ed hanno la particolarità che una volta estratti dalla mucktoo, vengono fatti scottare in una padella per donare ad un lato del raviolo una sottile e fragrante crosticina.
Venendo agli ingredienti, nonostante se ne possano creare varie tipologie, i momo più diffusi sono essenzialmente due: di bufalo e di verdure.
La carne di bufalo tritata, insieme ad un po’ di cipolla e spezie, si sposa perfettamente come ripieno dei momo, grazie al fatto che durante la cottura la carne rilascia una parte di liquido-grasso che favorisce l’amalgamento dei sapori all’interno del raviolo.
Questa appropriata combinazione rende i buff-momo talmente gustosi che la versione fritta, invece di esaltarne ulteriormente i sapori, li rende semplicemente più pesanti, oltre che chiaramente anche meno salutari.
Seppur non sembrino esistere regole molto rigide in proposito, i buff-momo di solito sono tondeggianti e mangiabili in un paio morsi.
La versione vegetariana prevede un ripieno di verdure (carote, verza, rapa e peperone le più diffuse) speziate e tagliate alla julienne, e solitamente sono confezionati a forma di mezzaluna.
Data la semplicità degli ingredienti, nei veg-momo acquisisce una maggior importanza la salsina di accompagnamento, ma per variare o renderli più saporiti è valida l’alternativa fritti, con la frittura che dona alle verdure un minimo di carattere e consistenza.
Per quanto riguarda altre versioni: oltre a quella di bufalo, è possibile utilizzare la carne tritata di altri animali, ma nessuna si sposa bene come quella di bufalo, che in Nepal è anche di gran lunga la più diffusa ed economica.
In alcune zone di montagna ed in qualche ristorante turistico compaiono spesso dei cheese-momo, la cui idea non sarebbe male, ma il cui risultato è invece piuttosto insipido a causa della scarsa qualità del formaggio utilizzato.
Ripieni di patate e/o paneer (ricotta), potrebbero essere una valida alternativa, ma richiedono un minimo di maestria da parte del cuoco per evitare di produrre dei bocconcini soffocanti.

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