sabato 6 febbraio 2016

Storia del poeta malizioso

Un giovane poeta, convinto delle proprie capacità, decise di recarsi dal Re del suo paese, per essere ammesso come poeta di corte.
Oggigiorno nessuno dà molta importanza alla poesia, ma tempo addietro i sovrani potevano essere molto sofisticati e rendere possibile una carriera con la poesia.
Quando il giovane arrivò a corte, scoprì amaramente che non avrebbe mai potuto attirare l’attenzione del Re: egli infatti era costantemente circondato da grandi letterati che non gradivano alcuna competizione e tenevano il Re sempre impegnato.
Dopo alcuni giorni di vani tentativi, il giovane poeta fu molto frustrato e scrisse un verso in sanscrito sulla porta della camera del Re “La porta del Re è come una vagina, ed i pandit (grandi letterati) sono un pene. Vanno dentro e fuori continuamente, provando grande gioia, mentre io, come i testicoli, devo rimanere fuori, eternamente schiacciato tra i due”.
Questo oltretutto implicava che se la porta del Re era una vagina, il Re veniva “fottuto” dai pandit, e che loro chiaramente erano dei “cazzoni”.
Il giorno successivo quando il Re lesse la scritta fu colpito dalla complessità della metafora ed una volta scopertone l’autore lo congratulò, accettandolo alla sua corte come poeta.

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