venerdì 19 febbraio 2016

Il Ramayana esoterico

Uno degli aspetti caratteristici della religione indù è la presenza di numerose divinità (secondo la tradizione ben 330 milioni) alle quali è legata un’estesa mitologia che ne racconta le gesta.
L’importanza delle storie mitologiche induiste rientra nella tradizione, comune a quasi tutte le religioni, di cercare di esprimere grandi verità attraverso semplici metafore e similitudini.
Il vero scopo è quindi quello di veicolare un insegnamento che possa essere recepito facilmente da chiunque.
Nella mitologia indù questo viene portato fino al punto che le storie vengono talvolta raccontate in maniera diversa, o quantomeno dando importanza a parti diverse, proprio per permettere di dare più di una lezione, in base alle esigenze e capacità del lettore.
Oltre ad essere quindi narrata in maniera differente, secondo un’antica tradizione vedica, ogni storia, per essere davvero significativa, deve possedere almeno sette livelli di interpretazione diversi, sebbene questo dipenda soprattutto dalla sensibilità e l’apertura mentale di chi legge.
Prendendo come esempio il noto poema epico Ramayana, uno dei motivi del suo successo è proprio quello di possedere numerose chiavi di lettura che possono stimolare l’interesse sia delle persone più semplici e meno acculturate, sia di studiosi e intellettuali.
Una delle interpretazioni più raffinate viene esposta nel libro di Robert Svoboda, Aghora II Kundalini, dove viene proposta un’interessante spiegazione del suo maestro, l’Aghori Vimalananda, sui significati esoterici del Ramayana,.
Questa interpretazione mette in relazione i personaggi e le loro avventure con i processi psicofisici che avvengono all’interno di ogni serio praticante yoga.
Per poter illustrare questo argomento, riassumiamo quindi, brevemente, le vicende più importanti del poema.
Poco tempo prima che l’amatissimo principe Rama venisse incoronato Re di Ayodhya, una delle mogli del Re Dasaratha, Kaykey, decise di far valere un desiderio che il Re le aveva accordato alcuni anni prima per averlo salvato in una difficile situazione.
Chiese quindi che Rama, figliastro di Kaykey, venisse mandato in esilio nella foresta per 14 anni e nel frattempo venisse incoronato suo figlio Bharat.
Obbligato a tenere fede alla parola data, Re Dasarath, addolorato, spiegò la situazione a Rama, il quale, mostrando fin da subito le sue elevatissime qualità morali, si sottopose senza protestare alla volontà del padre ed anzi, lo consolò prendendosi la responsabilità del problema, poiché aveva accettato la carica senza pensare che questo avrebbe potuto creare malumori alla sua matrigna Kaykey.
Insieme a sua moglie Sita e l’inseparabile fratello Lakshman, Rama lasciò quindi il Regno di Ayodhya alla volta della foresta.
Poco prima che i 14 anni di esilio terminassero, Sita venne rapita con uno stratagemma dal demone Ravana che la portò con sé nella sua città dorata sull’isola di Lanka.
Rama e Lakshman, grazie all’aiuto di vari personaggi, soprattutto il Re delle scimmie Hanuman, riusciranno in seguito a rintracciare Sita, distruggere Lanka, uccidere Ravana e tornare ad Ayodhya proprio il giorno in cui scadeva il termine dell’esilio.
Nell’interpretazione esoterica Rama rappresenta l’Anima, sua moglie Sita la Kundalini Shakti, Lakshman il Potere della Concentrazione e Hanuman il Respiro.
Partendo dalle prime vicende, quando Rama viene mandato in esilio, Sita, sua moglie, chiaramente lo segue, in quanto l’Anima non può essere separata dalla sua Shakti; e allo stesso modo Lakshman decide di accompagnarli e aiutarli, proprio come il Potere della Concentrazione aiuta l’Anima a raggiungere la sua “sposa”, Shakti.
Nella foresta tutto procedeva bene, finché un cervo dorato apparve di fronte alla capanna dove i tre avevano preso rifugio ed ammaliata dalla sua bellezza, Sita chiese a Rama di catturarlo.
In realtà, il cervo era il fratello del demone Ravana, inviato sotto mentite spoglie col compito di allontanare Rama e Lakshman da Sita per permettere a Ravana di rapirla.
Quando Rama capisce il trucco, uccide il “cervo”, che però in punto di morte lancia un grido di aiuto verso Lakshman, con la voce di Rama.
Sentendolo, Sita si preoccupa che sia successo qualcosa a Rama, così ordina a Lakshman di andare in suo soccorso e una volta sola verrà rapita da Ravana.
Questo è esattamente quello che succede all’interno di ogni praticante yoga: quando la Kundalini Shakti inizia a risvegliarsi, il lungo processo verso l’illuminazione è appena iniziato, e se non viene fermamente controllata dal Potere della Concentrazione, rischia di perdersi e di essere rapita dai “demoni”.
Il demone Ravana, infatti, rappresenta la Personalità Umana limitata dall’ego, sempre impegnato a contemplare sé stesso e la sua supposta grandezza.
Per riuscire a riottenere la sua Kundalini (la sposa Sita), l’Anima (Rama) deve quindi ricorrere all’aiuto del prana, il Respiro (il Re delle scimmie Hanuman, figlio del vento), che è in grado di liberare il percorso della Kundalini e l’aiuta a ritornare al suo amato; esattamente quello che fa Hanuman per Rama e Sita.
Una volta scoperto dove Sita era imprigionata, Hanuman vola sull’isola di Lanka, localizza Sita, distrugge la città dorata di Ravana e torna da Rama a dargli la lieta notizia.
Insieme ad Hanuman e al suo esercito di scimmie, Rama si prepara quindi ad attaccare Lanka, ma per fare questo deve prima costruire un ponte per attraversare il mare.
Secondo i concetti yogici, internamente questo ponte collega il primo chakra, il muladhara, con il terzo, il manipura, sorvolando il secondo, lo svadhisthana chakra, che, non a caso, rappresenta l’elemento Acqua.
Questo ponte può essere costruito solo attraverso il celibato, in quanto lo svadhisthana, collocato nella regione pubica, è il chakra del sesso, ed è quindi solo grazie ad Hanuman, perfetto celibe, che Rama riesce ad attraversare il mare e arrivare a Lanka, il manipura chakra.
Questa interpretazione esoterica dei principali protagonisti può essere estesa a numerose, se non tutte, le vicende del Ramayana, seppur richieda, da parte del lettore, una profondissima conoscenza dei concetti yogici nonché una notevole capacità di astrazione.

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